Un caldo inverno ai Farasan Banks

Sorvoliamo gli splendidi cieli egiziani mentre fuori dal finestrino le luci del tramonto illuminano il vasto deserto del Sahara che a quest’ora si dipinge di un magico colore rosato mentre una luna perfettamente tonda illumina questo affascinante mondo silenzioso. Improvvisamente una virata a 30 gradi ed ecco la costa del Mar Rosso, illuminata a giorno dalle luci degli alberghi. La magia del tramonto scompare rapidamente e da questo momento in avanti sarà la luna ad accendere come d’incanto le isole egiziane, si scorge nitidamente la meravigliosa Zabargad che lasciamo ben presto alle nostre spalle per volare verso le misteriose coste dell’Arabia Saudita.

All’aeroporto veniamo accolti da un gentile funzionario che ci riceve e ci fa accomodare in una piccola saletta privata dove, in attesa di sbrigare le formalità burocratiche, ci viene offerto dell’ottimo succo d’arancia come segno di grande ospitalità, anche questo piccolo segnale conferma l’enorme sforzo che questo paese sta facendo verso l’apertura ad un turismo molto selettivo a basso impatto. In breve ci troviamo a bordo del pullman che viaggia spedito verso il paese di Al Lith, situato duecento chilometri a sud di Jeddah, nel quale si trova il piccolo porto da dove ci imbarcheremo a bordo del motoryacht Dream Voyager per navigare attraverso l’arcipelago dei Farasan Banks, un comprensorio di piccole isole e oltre duemila reef di cui la maggior parte affioranti. Assieme a noi in barca ci sarà anche Eric Mason, il responsabile della barca. Eric è un personaggio apolide nato in Nigeria, vissuto in Inghilterra da padre scozzese e madre friulana, arrivato in Arabia Saudita vent’anni fa e sposato con una ragazza thailandese. Penso che sia sufficiente questa piccola precisazione per capire che una persona così non può essere del tutto normale. E’ stato un compagno di viaggio fantastico perché ha una capacità di socializzare fuori dal comune.

Il Dream Voyager, molla gli ormeggi alle prime luci quando l’orizzonte comincia ad illuminarsi dell’alba saudita, il cielo è blu intenso, totalmente privo di nuvole, il fondo dell’aria è caldo e davanti a noi un mare piatto come l’olio sul quale la barca scivola silenziosa scortata da branchi di delfini che per tutto il viaggio saranno nostri compagni inseparabili. Ci lasciamo alle spalle il piccolo porticciolo sperduto in mezzo all’immenso deserto mentre il sole comincia come ogni giorno il suo corso quotidiano e ogni istante si materializza un piccolo gioiello. Improvvisamente all’orizzonte compare maestosa l’isola di Abu Latt che lasciamo rapidamente dietro di noi per proseguire al di fuori del banco corallino dei Banks, abbandonando così anche le insidie del bassofondale corallino per trovarci come d’incanto in mare aperto con una moltitudine di strette lingue di sabbia tutte circondate da un reef ricchissimo e intatto dove l’acqua ha il colore e la trasparenza dello smeraldo. Mentre ci dirigiamo verso l’isola di Mar Mar nella quale ormeggeremo per la notte, s’intravede all’orizzonte una macchia chiara e poi un’altra ancora: Dohra, Jadir, Malathu, Danak, Jabbara, tutte isole di origine vulcanica sul cui cratere si è sviluppata la parete corallina e sopra l’isola di sabbia candida. Inesorabilmente rapiti dalla magia di questi luoghi primordiali ci rendiamo immediatamente conto di trovarci proprio in quel mondo sconosciuto ed inesplorato che ci eravamo immaginati prima di partire. Le piccole isole sembrano sorte come d’incanto dal nulla e subito veniamo rapiti dalla curiosità di scoprirne i loro segreti.
Da Mar Mar s’innalzano in volo centinaia di sule e di rondini di mare che ci accolgono con le loro strida assordanti. Su queste isole vivono colonie di volatili che rendono i Farasan Bank un vero paradiso naturalistico e uno dei luoghi più incontaminati e selvaggi del pianeta, le isole hanno tutte una forma allungata esposta in direzione nord sud, modellate dalla direzione dei venti predominanti ed è proprio su queste punte, laddove spira più forte il vento che si radunano gli uccelli. Tutte le spiagge sono segnate dalle tracce delle tartarughe che durante la notte raggiungono le calde sabbie per andare a deporre le uova. Sulle spiagge si trovano i segnali della storia quotidiana come pezzi di fasciame dei sambuchi, le tipiche barche dei pescatori del Mar Rosso, naufragati chissà quando e ormai erosi dal mare, lunghe cime di canapa, un remo semisommerso dalla sabbia e a ben guardare continuano a comparire sempre nuovi segnali, come se ognuno di loro volesse improvvisamente raccontarci la sua storia rimasta sepolta per tutti questi anni. Finalmente ci immergiamo nei fondali e capiamo immediatamente che il loro vero segreto sta proprio qui sotto, pareti che sprofondano verticali in un mare che pullula di vita sottomarina che si muove tra spettacolari conformazioni coralline dalle forme e dimensioni gigantesche. Tutto è vivissimo e soprattutto intatto. E’ impressionante la fragilità apparente di questi coralli che resistono alle forti correnti, sono fantastiche sculture disegnate dalla natura. Nuotiamo in mezzo ad una moltitudine di pesce pelagico che fluttua nel blu lasciandosi trasportare dalla corrente, branchi di barracuda, carangidi e tonni e poi immancabili compaiono all’improvviso splendidi esemplari di squali martello a ricordarci chi sono i guardiani di questo mare. L’emozione di essere tra i primi ad immergerci in queste magiche acque cresce di giorno in giorno, tutte le volte che andiamo a scoprire una nuova immersione. Gli atolli di Long reef, di Danak, di Gorgonia reef pullulano di vita, ogni centimetro è un’oasi microscopica, piccoli pesci quasi invisibili si muovono tra alcionari e gorgonie, non si smetterebbe mai di osservarli. Le immersioni di Malothu, Jabbara e Mar Mar ci regalano l’emozione di nuotare lungo pareti che cadono a strapiombo nel blu e che sono la parte sommersa del cono vulcanico su cui si sono formate le isole e i reef.

  I giorni trascorrono intensamente grazie anche ad un mare clemente e ad un clima caldo secco. Continuiamo ad immergerci in fondali meravigliosi e senza accorgercene arriviamo al fatidico giorno del ritorno. Lungo il tragitto che ci riporterà verso il porto di Al Lith, incontriamo la montagnosa isola di Abu Latt che ci regala l’ultima incredibile emozione di questo viaggio. Semplicemente meravigliosa per la sua forma e per i suoi colori, abitata da colonie di uccelli, ci accoglie maestosa all’interno di una delle tante lagune dall’acqua verde smeraldo. Ci troviamo in un luogo primordiale dominato soltanto dalla natura e dal mare, dal quale spuntano magicamente rocce a forma di enormi panettoni. Abu Latt racchiude in se tutta la magia selvaggia dei misteriosi Farasan Banks; siamo coscienti di trovarci in un luogo dove ancora la natura ha il sopravvento sull’uomo e sogniamo che questo impagabile privilegio possa rimanere intatto il più a lungo possibile.

Gianbattista Pesce

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