L’INIZIO
Chiamatemi B. Ogni volta che l’umore precipita e lo sguardo si fa torvo,ogni
volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovoso e
specialmente quando non ne posso più di sopportare i miei concittadini,
allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto…
Chi ha letto il capolavoro di Melville (e dovrebbero essere tutti cristiani
o no ), ha capito dove ho rubato questo “ incipit “. Beh , le cose stanno
proprio così e, come Ismaele, riempio il mio sacco e vedo di prendere il
mare . Mi imbarco su ….
A questo punto la storia si intreccia come due gomene di canapa
attorcigliate. Dopo il primo imbarco, avendoci preso gusto, a distanza di un
mese mi sono reimbarcato per la stessa destinazione: i reefs di St John.
Quindi 2 barche, 2 equipaggi, 2 guide e …molti compagni di avventura.
Allora, per non annoiare gli scarsi lettori, farò un solo racconto
mescolando fatti, persone e luoghi sperando che non ne esca un pastone per
maiali del Massachusset.
L’ARRIVO
La vecchia marsa di Galeb è un amato ricordo quando era solo un’insenatura
con 4 barche, cammelli e mangrovie: ora è una suntuosa marina dove con un
passo sali a bordo. Una rapida sosta per scaricare dal pullman i fortunati
che imbarcheranno lì e per abbracciare la dolce/ferrea Guja (guida sul
Farouk) e poi via sulla strada verso Sud.
Arriviamo ad Hamata (Ras Qulan) che è già buio. I fari del pulmino
illuminano lo sterrato del molo: é alta marea e non si passa (un lampo nella
memoria: Venezia). Un lampione manda una luce fioca e giallastra. Che si fa?
Dalla testa del molo si accendono due abbaglianti e delle ombre gridano
nella notte. Militari, gangsters anni ‘ 20? No con 30 pounds ci traghettano
con una “teknica” sgangherata con armi e bagagli. Speriamo che non cadano in
mare, poi gommone e, finalmente, a bordo.
SI VA
Finalmente è arrivato il momento: la ciurma (noi) è per metà assonnata e per metà piena di energia. Si guarda al mare apert, non sembra agitato e il sole già scalda piacevolmente. Salpiamo gli ormeggi. Rapidamente guadagniamo strada, la brezza ingagliardisce e la prua fende il mare sollevando e scuotendo la schiuma bianca. Sono seduto a cavallo della delfiniera ed il blu che mi sta davanti mi riempie l’anima.
IL RIMORCHIATORE, I DELFINI, IL LIONFISH
Tappa iniziatica d’obbligo il relittino di Abu Galawa, addossato in obliquo
al reef: è piccolino ma simpatico sia di giorno che di notte. Sotto la
chiglia stazionano i bathfish, piatti d’argento ‘800, che curiosi, ti girano
attorno e le guardinghe cernie che si mettono muso a muso con te con il
piccolo pulitore che continua indaffarato il suo lavoro. In coperta il
gabinetto buio è un ricettacolo di glassfish. Ci si può entrare e ….
meditare.
I delfini sono stanziali a Sataya. Ci sono! Allora tutti in acqua, ma quelli
sono diffidenti e si tengono a prudente distanza da noi che ci sfiatiamo per
avvicinarli. Improvvisamente fanno dietrofront e ritornano indietro: ci
sfrecciano attorno come un ventaglio di siluri. Una manciata di secondi da
adrenalina poi scompaiono nel turchese della laguna.
La sera arriva presto e ci si prepara per la notturna:la mia compagna
Michela (occhi sempre sgranati per le cose che vede) non ha mai visto i
lionfish cacciare. Illumino allora le piccole prede e inizia la caccia: la
bocca del predatore fa da aspirante e, dopo la rapidissima picchiata,
inghiotte. Attirati dalla luce ne arrivano altri e …la torcia si spegne: nel
buio cerco quella di emergenza sulla spalla, ma sfioro con la gamba uno
degli invitati. Ho la muta corta e mi prende. Non voglio spaventare la
compagna, il dolore è sopportabile e continuo l’immersione, forse ha
iniettato poco veleno….In barca poi acqua molto calda e pomata antistaminica.
Tutto bene salvo un dolore locale forte e persistente. Il mattino dopo tutto
è passato.
LE IMMERSIONI E ALTRO
Dopo Sataya all’alba si comincia a scendere a Sud, abbiamo l’isola di
Sirnaka al traverso e il sole, già alto, fa scintillare il mare
piacevolmente calmo: sotto la prua compaiono due grossi tursiopi che si
divertono come pazzi a saltare e a fare evoluzioni da capogiro: ogni tanto
uno si volta e “ci guarda !!” come per dirci: ”Visto come siamo bravi e vi
vogliamo bene? ”Ricambiamo entusiasti l’affetto nel mentre che, da poppa, il
bravo Andrea tira su un barracuda da 10 chili. Si prospetta un carpaccio!
…Ah la natura umana, ci sarebbe da filosofar .
La punta Nord di ABILI ALI: un bosco di gorgonie da far impallidire il pur
bello Gorgonia Reef. Le bravissime guide Guja e Andre devono avere un
“qualcosa di speciale” perché dal nulla del fondo salgono verso di noi una
decina di grigi alcuni con remora e comincia un carosello, non ne capiamo il
motivo, non c’è nulla da mangiare salvo noi naturalmente. Si uniscono due
ben più grossi albimarginatus. E’ roba da Sudan, uno spettacolo da togliere
il fiato. Improvvisamente spariscono, bisogna risalire verso la luc,
alcionari stupendi e due grossi pappagalli col corno: enormi, neri e con
minacciosi denti da amputazione. Immersione da sballo!!
SHAAB MAKSUR sempre punta Nord con picchiata da parà per entrare nella
grotta che prosegue nel canyon che termina sul pianoro ricco di colori:
all’ingresso guardi giù, c’e ancora acqua, grossi erg che intravedi pieni di
vita ma non si può più scendere…..
ABILI GAFAR che sembra una torre di Babele piena di bendiddio. La punta Sud
strapiena di alcionari. Anche qui sul fondo passano 2 grigi: li “chiamo per
nome” e, incredibile, si arrestano di colpo, virano e mi puntano risalendo a
razzo per poi scartare a pochi metri. Due compagni (Zeev e Dario per non
fare nomi) girano gli indici alle tempie e si tengono alle larghe. Mentre
siamo sotto, lo snorkelista della compagnia, Matteo vede una pinna: uno
squalo in superficie, si avvicina le lunghe pinne pettorali orlate di
bianco: è un magnifico grosso longimanus. Rapida ritirata di Matteo sulla
scaletta!
Ancora la secca di F.K . (non vi dico dov’è, è troppo bella), SHAAB AIMAN
con un bellissimo pianoro pieno di alcionari blu-viola e di cernie intente
alla pulizia sotto le acropore. Un vero gusto passare di torre in torre
lentamente per non perdersi nulla e, infine, una sosta sul sommo a -35 di un
torrione che sporge sull’abisso guardando nel blu oltre una nuvola di
anthias. SHAAB SHAHTA con una concentrazione pazzesca di alcionari
multicolori. Sulle torri, dentro le grotticelle orlate da merletti di
piccole gorgonie rosse e dorate, brulica la vita di barriera. Un falso
pietra esibisce pettorali da palestra, una stella perla bianca e rossa….
Anche qui si termina sul cappello con migliaia di anthias in filo di
corrente. Non si vorrebbe più risalire e ci facciamo 1 h di immersione.
Non mancano le notturne. La più bella? MARSA FENDERA: in due, io e Gianni,
50’ di durata, uso di bussola. Due torrioni in direzioni opposte alla barca,
a forma di enormi funghi, ricchissimi, specie quello più esterno. Risultato:
ballerina con orlo bianco svolazzante, un lima addormentato in piedi,
gamberi boxer, granchietti fantasma e, sorpresa, 2 gorgonicefali con le
braccia tentacolari aperte pronte a rinchiudersi sotto la luce della torcia.
Trascuro gli alcionari, i crinoidi e quei rompiscatole dei lionfish.
Ma la boa è girata e si risale a Nord. Si ormeggia per la notte a WHITE ROCK
, i cormorani ci danno il benvenuto e, come per tutte le sere, si procede
per l’happy hours con l’immancabile “spritz”, aperitivo per cui sono
modestamente famoso in tutti i mari… Sorge una falce di luna, la sera è
tiepida, nel cielo limpidissimo manciate di diamanti. Sul ponte mi godo la
notte in silenzio, ma è ora di dormire e crollo sul cuscino mentre sotto di
esso passano a precipizio mandrie di carangidi e tonni.
Mi sveglio all’alba sono le 6. Il mare è una tavola. Il sole si alza e si
riflette e viene in mente il dipinto di Monet “Impression soleil levant. A
Est le nuvole cambiano colore dal rosa pallido ad uno più acceso,
sfilacciandosi lungo l’orizzonte. A Ovest le alte montagne della costa, zona
di tribù bedù nubiane. Pastori e guerrieri dai capelli ricci e folti, me li
immagino con un vecchio fucile Enfield e la cartucciera… (ciao Corto
Maltese)
E ancora le isole di SIrnaka e Mahabis con i falchi pescatori, i granchi
bianchi (da sabbia) e rossi (da mar) velocissimi e imprendibili e i momenti
magici regalatici da Hamman che prepara il pane bedù sulla sabbia rovente
senza che se ne attacchi un granello, il rosseggiare del fuoco al tramonto,
Dio che nostalgia di tutto questo.
Ormai siamo all’ultima: tutti sono già risaliti. Ho la 15 lt. e ancora aria.
Sono solo e al diavolo le regole. Voglio stare ancora. Una grossa remora si
attacca sotto la chiglia. Una leggera corrente mi spinge, ho le braccia
aperte e volo: sono un pesce, un uccello marino, nelle vene ho acqua salata.
Mi tolgo l’erogatore di bocca e urlo al mare la mia felicità.
Grazie a tutti per quello che ciascuno ha portato: allegria, stupore, amore per la natura e il mare. Grazie ai luoghi che non ho nominato, ai comandanti ed equipaggi del Farouk e dello Zabargad e…butto in aria il mio cappello per Guja, Andrea e il mitico Hamman :Hurrà per tutti voi carissimi amici .
Bruno Fullin