Dai
tempi ormai lontani delle mie prime immersioni nei bellissimi e ancora inesplorati
reefs del Sudan, scrutando le carte nautiche della fascia centrale del Mar
Rosso, già mi chiedevo come sarebbero potute essere quelle barriere coralline
e quegli atolli appena affioranti che si sviluppavano lungo la costa settentrionale
dell’Arabia Saudita, paese misterioso ed affascinante, ma da sempre chiuso
a qualsiasi forma di turismo. Un’occasione riuscii ad averla negli anni
70’, approfittando di un viaggio di lavoro offertomi da un’impresa italiana
che stava costruendo un ospedale a Farasan Kebir, l’isola più grande dell’omonimo
arcipelago che si trova al confine dell’Arabia Saudita e lo Yemen. Non si
trattava di reefs corallini, bensì di isole di formazione vulcanica, dove
sott’acqua, certamente non mancavano il pesce e gli squali. Ma i fondali
del Sudan erano un’altra cosa.
Poi iniziarono i viaggi e le crociere nel Mar Rosso egiziano che, anno dopo
anno attirò i subacquei di tutto il mondo, proprio come i topolini nella
fiaba del pifferaio magico. Fu uno sviluppo per certi aspetti inatteso del
turismo subacqueo e che ancora oggi continua; ma in molti di noi si fa sentire,
sempre di più, la nostalgia e un desiderio sempre più forte per le immersioni
in mari poco frequentati, se non del tutto inesplorati. Da tempo aspettavo
l’occasione per ritornare ad immergermi in fondali nuovi e ancora integri,
dove flora e fauna, vita forme e colori, suscitano ancora emozioni e stupore
anche a chi va sott’acqua da molto tempo e ben conosce le bellezze del Mar
Rosso.
Con una nuovissima
imbarcazione attrezzata per crociere subacquee, anche se solo per pochi
giorni, ho potuto rivivere lontane ma indimenticabili esperienze, esplorando
i bellissimi fondali di un gruppo di piccoli atolli corallini, i Seven Reefs,
che sorgono dalle acque profonde del Mar Rosso arabico, a oltre venti miglia
al largo di Yanbu, una cittadina costiera a 300 chilometri a nord di Jeddah.
Il solo fatto di navigare per cinque giorni senza mai incontrare altre imbarcazioni,
fermarsi per un’immersione scegliendo, ora una punta di un reef ancora senza
nome ma frequentato da tantissimi pesci , ora la parete di una barriera
di vivissimo corallo che sprofonda in un mare cristallino, può far immaginare
ciò che, occasioni come queste, possono offrire ad un subacqueo . Devo confessare
che durante quelle immersioni, molto più esplorative che contemplative,
ho usato poco le mie macchine fotografiche, perché ho preferito guardare
e soprattutto immaginare quanto di più avrei potuto scoprire ripetendo l’immersione
nel medesimo posto, in orari diversi o con differenti condizioni di corrente.
E’ ciò che mi propongo e spero di fare al più presto, soprattutto perché,
questa prima volta ai Seven Reefs, mi ha fatto rivivere le mie lontane ed
indimenticabili esplorazioni dei bellissimi reefs del Sudan.
Pierfranco Dilenge