100 giorni nel Mar Rosso

La passione per il mare e per l’avventura ha accomunato un piccolo gruppo di amici fiorentini fin dalla fine degli anni ’60: Filippo Lovatelli, Bernardo Tori, Jacopo Mazzei, Vieri Calamai ed in un secondo momento il sottoscritto. Prima della spedizione sul Mar Rosso gli altri quattro si erano già fatti notare per una storica avventura, mai prima d’allora realizzata al mondo: la discesa in gommone del Nilo Azzurro, più o meno dal Lago Tana in Etiopia fino a quasi Khartoum in Sudan, lungo tutte le più impegnative cateratte del Nilo Azzurro. Altre ne sono seguite fra cui la discesa del fiume Atlas nell’isola di Sumatra, Indonesia. Ed in gommone trascorrevamo le nostre vacane estive, in vero e proprio campeggio nautico (quando non c’era proprio nessuno in giro!). Le più belle e recondite isole della nostra Penisola l’abbiamo fatte quasi tutte, e poi Tunisia, Turchia e Grecia. Il viaggio in Mar Rosso ha richiesto una lunga e meticolosa preparazione soprattutto per quanto riguarda i materiali, la logistica ed i permessi, a quel tempo veramente impossibili da ottenere. Il viaggio inizialmente, infatti, prevedeva la partenza da Port Sudan per arrivare fino a Castiglion della Pescaia, in Italia ! Il transito sul Mar Rosso doveva avvenire tutto lungo la costa Egiziana, ma dopo quasi un anno di tira e molla con l’Ambasciata ed i vari Ministeri ci fu negato qualsiasi permesso dal Governo Egiziano. Con il senno di poi è abbastanza comprensibile visto che Egitto ed Israele avevano da poco terminato il conflitto dello Yom Kippur. A quel tempo tutta la penisola del Sinai era in mano Israeliana e Ghardaka (oggi Hurghada) era solamente una potente base militare egiziana, e nulla di più. Le considerazioni di cui sopra a quel tempo non ci preoccupavano per nulla e per evitare l’Egitto non pensammo di meglio che navigare dall’altra parte del Mar Rosso, cioè in acque Saudite. Dopo svariati mesi ottenemmo dunque la necessaria autorizzazione da non so più quale (e non so come!) Ministero Saudita. Non avevamo però preso in considerazione che prima o poi ci saremmo dovuti imbattere nuovamente con gli Egiziani .......
Arrivammo a Khartoum a metà Aprile del 1976 e poi ci trasferimmo con tutto il materiale a Port Sudan. Alcuni più comodamente in treno, Filippo ed io in camion. Già quella fu un’avventura: tre giorni per attraversare un deserto in gran parte sassoso a bordo di un camion residuato bellico inglese del II° conflitto mondiale ad una velocità media di circa 30 km/h. Non lo dimenticherò mai. Seguirono due settimane a Port Sudan per la preparazione dei gommoni: due Domar 480, con la vecchia chiglia fatta col travone in legno, ed un 450. Ci aspettava un viaggio in gommone sul Mar Rosso di circa un migliaio di miglia nautiche.

Ho conservato il mio succinto diario di bordo e dato che ero il “navigatore” della spedizione posso ancora riportare tutte le tappe, le date, e gli orari di tutto il viaggio:

6 maggio 1976 ore 6.25 a.m. - Partenza dal nostro campo base a Marsa Aroush, poco a nord di Port Sudan. Direzione Mohammad Qol, passando da Sha’ab Su’adi reef. Velocità 12 nodi. Poco dopo si rompe in maniera irreparabile il contamiglia. A Mohammad Qol avremmo trovato i barili di benzina che l’Agip Sud ci aveva fatto recapitare lì, proprio in mezzo al nulla. A sera allestito campo in una piccola e splendida isoletta, Mesharifa, dove troviamo pure le arselle per fare la pasta! Normalmente il nostro cibo era basato su zuppe liofilizzate, qualche scatoletta e naturalmente il pesce fresco !

7 maggio - Giornata di pesca subacquea e vero relax.

8 maggio ore 5.50 a.m. - Partenza da Mesharifa, e dopo aver doppiato la punta di Ras Abu Shagara traversata del Mar Rosso alla volta di Jeddah, con arrivo alle 6.20 p.m. Durante la navigazione abbiamo dovuto più volte pulire i filtri della benzina a causa della pessima qualità della medesima. Ci accoglie una città che, al confronto con il Sudan povero e medievale, è anche per noi di un contrasto eclatante. Già si sente la ricchezza dovuta al petrolio e fra le tante impressioni che ricordo c’è quella di una distesa di farina di grano che, da una moltitudine di balle sfondate, invadeva la banchina del porto accecando la nostra vista sotto il sole tropicale. Sperpero e ricchezza insieme.

9-10-11 maggio Jeddah - Ci prepariamo al viaggio vero e proprio, contattiamo l’Ambasciata ed il Consolato Italiano per darci specie d’appuntamenti via telegrafo da quei due o tre posti sulla costa Saudita che possedevano un ufficio postale (non c’erano ancora i telefoni satellitari!): giusto per tenere i contatti con il mondo e far sapere se eravamo ancora vivi e dove. Inoltre, in quei giorni apprendemmo, sul Saudi Gazette, del terremoto del Friuli. Però la prima pagina era dedicata a noi quel giorno.
Sembrava però di essere su di un altro pianeta: tempo, distanze e culture ci avevano anestetizzati, ed avevamo anche noi i nostri problemi.
In quegli stessi giorni era ormeggiato nel porto uno yatch che batteva bandiera italiana, credo che il nome fosse “Mavra”. Non mi ricordo cosa ci facesse laggiù né di chi fosse la barca. Sta di fatto che facemmo amicizia con il comandante e che, essendo venuti a conoscenza che il Mavra di lì a poco sarebbe dovuto ritornare nel Mediterraneo, ci demmo una specie d’appuntamento nel nord del Mar Rosso, così per amicizia e per nostro senso di “sicurezza”. Questo “aggancio” con il Mavra fu poi confermato con l’Ambasciata Italiana di Jeddah per le successive comunicazioni fra i tre.

12 maggio ore 8.30 a.m. - Si riparte in direzione nord, con vento di prua ed onde corte. Prime rotture dei gommoni. Riparazione nottetempo dei paglioli del 450. Si fa campo a Marsa Dunaib, a sud di Rabigh alle 5.00 p.m..

13 maggio ore 7.45 a.m. - Partenza da Marsa Dunaib e alle 5.00 p.m. si arriva ad una spiaggia fuori da Yanbu’al Bahr. Gommoni all’ancora.

14 maggio ore 7.50 a.m. - Partenza dal campo e prua per il porto di Yanbu. Nel diario scrivo “... il porto è caratteristico ... ottima accoglienza del capo dell’Ufficio Immigrazione che ci riempie, gratuitamente, di provvidenziali provviste”. Yanbu non era assolutamente quel gran centro industriale che è oggi. Alle 2.50 p.m. dopo aver fatto rifornimento ripartiamo. Alle 16.45 ci dobbiamo fermare per fare il campo notturno. Siamo da qualche parte tra Sharm Yanbu e Ras Yanbu.
15 maggio ore 8.25 a.m. - Partenza per ... ? Ci dobbiamo fermare alle 9.30 a causa del mare, su un’isoletta da qualche parte prima di Ras Baridi. Tutti noi facciamo sempre i turni fra chi deve andare a pescare la cena e chi deve pensare al campo e alle riparazioni.

16 maggio ore 8.20 a.m. - Prua a nord e alle 4.40 p.m. si arriva in posto chiamato Sharm Habban dove vediamo le prime palme. La navigazione è stata durissima a causa del mare di prua e presenza costante di vento teso proprio “sul muso”. Si viaggia sempre con le cerate (nonostante il caldo) ma moriamo di freddo a causa del vento e dei perenni schizzi. Abbiamo bucato il Domar 450 (per usura !!) e rotto i comandi di uno dei 480. Di seguito uno dei miei rari commenti sul diario: “Sharm Habban è un posto desolato, più tardi verremo a conoscenza della tragica fine di un’uomo bloccato con la macchina nel deserto poco distante da noi (ed) in quei giorni. Bernardo ed io fotografiamo questa specie di secco letto di un vecchio wadi in cui si sollevano alti muri più o meno frastagliati di una roccia friabilissima. Sullo sfondo a questo scenario un gruppo di palme su cui si poserà un falco che ritrarrò col 300 mm.”

17 maggio ore 6.45 a.m. - Partenza dal campo ....(direzione ?) Ras Abu Madd (PB 318 PV 328). Ore 8.30 a.m. Al Hasani island. Ore 11.30 a.m. Shaibara island (PV 340 PB 331). Ore 5.00 p.m. arrivo a Ras Karkame dove montiamo il campo.

18 maggio ore 7.15 a.m. - Smantellato campo e partenza alla volta di Sharm Wejh (Al Wajh) con arrivo 9.30 a.m. dal diario: “sosta nel porto di Wejh, giornata ventosa come sempre. Abbiamo fissato (a mezzo telegramma via Ambasciata d’Italia a Jeddah) con il capitano (del Mavra) un’appuntamento a lat. N 27°54°40° long. E 34°54°40° (sono curioso di controllare a quale isola corrispondono queste coordinate. Non lo ricordo più.) Pippo e Berna stanno riparando il loro gommone per cinque buchi sulla carena e Jacopo è all’ufficio postale, mentre Vieri ed io siamo sul molo a scrivere. A volte spero che il comandante (capitano) non venga in modo tale da fermarsi su qualche isola di questo mare a me ancora sconosciuto anche se navigato da più di dieci giorni.....”

19 maggio - La Polizia saudita non ci lascia partire (come scopriremo in seguito) a causa del telegramma inviato a Jeddah contenente le coordinate dell’appuntamento che credevo fossero di un’isola saudita (disabitata) all’imboccatura del Golfo di Aqaba. In realtà dopo la guerra del Yom Kippur era non si sa bene più di chi. Da qui malintesi a non finire e passiamo la notte del 18 e del 19 a dormire per terra nell’ufficio del Capo della locale Polizia. Trattenuti, ma con garbo. Ci offrirono anche una classica, e per noi suntuosissima, cena araba sul molo del porto.

20 maggio - Nel corso della mattinata riusciamo a spiegare la nostra buona fede circa il viaggio e le destinazioni e correggiamo loro (e la nostra Ambasciata) l’obbiettivo dell’appuntamento in Shusha, una minuscola e deserta isola come scopriremo qualche giorno dopo, poco sotto l’imboccatura del golfo di Aqaba. ore 1.00 p.m. partenza da Sharm Wejh dopo aver fatto il pieno di benzina. Dopo 50 minuti siamo costretti a tornare indietro a causa del mare troppo mosso.

21 maggio ore 8.10 a.m. - Si riparte, definitivamente. Alle 3.21 p.m. siamo costretti a fermarci di nuovo per condizioni meteo sfavorevoli a Gubbet Bal’Aksh, dove facciamo campo.

22 maggio ore 6.45 a.m. - Partenza dal campo, alle 9.30 a.m. si incrocia l’isola di Na’man ed alle 12.40 a.m. si arriva a Dhaba (Duba) dove siamo attesi dal Captain Hamad e il Lt. Colonnell Suleiman.

23 maggio ore 6.08 a.m. - Lasciamo Dhaba con “mare piatto e vento da W. Per la prima volta dopo Yambu navigazione stupenda ..... knots 15 circa. ore 11.35 a.m. si arriva alla piccola Shusha island (l’isola dell’appuntamento).

24 maggio - Shusha island. Attesa

25 maggio - Shusha island. Attesa con “notte movimentata con vento teso e bufera di sabbia”

26 maggio - Shusha island. Attesa

27 maggio - Shusha island. Attesa invana. Abbiamo finito le ultime riserve d’acqua e siamo esausti e con le attrezzature malconce. Dobbiamo assolutamente partire.

28 maggio ore 4.00 a.m. - Lasciamo Shusha ancora con il buio per cercare di evitare soprattutto le motovedette israeliane che incrociano Ras Muhammad al largo del Sinai. Ore 2.00 p.m. arriviamo a Ghardaka (Hurghada). Scalcinati e giovanissimi soldati egiziani ci accolgono con i kalashnikov puntati contro di noi.

29 maggio - Come era naturale il Governa Egiziano ci intima di lasciare il Paese.

30 maggio - Suez, il Cairo, Alexandria.

31 maggio 1976 - Ci imbarchiamo con tutta la nostra mercanzia sulla prima nave disponibile per l’Italia: l’Espresso Cagliari, destinazione Venezia. Arriviamo sani e salvi ma molto dimagriti.

Francesco Ricasoli
Firenze, 4 febbraio 2006

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