squalo tigre avvistato a Mar Mar punta nord e Long reef punta sud. Immagine realizzata da Angelo Gallia
Lo squalo tigre è già stato incontrato 5 volte da agosto a dicembre
Quante volte dalla costa egiziana guardando il mare aperto
abbiamo provato ad immaginare la costa opposta dove, misteriosa e irraggiungibile,
giaceva la terra d’Arabia. Terra fiabesca di principi e sceicchi, avvolta
da enigmi impenetrabili, eppure lambita dallo stesso mare che per anni è
stato teatro delle nostre più emozionanti avventure subacquee.
Il volo da Milano per l’Arabia Saudita sorvola le coste del Mar Rosso ed
ecco comparire sotto di noi la tavola azzurra con le sagome dei reef egiziani;
- si distingue la lisca allungata di Elphinstone, il piccolo reef a ferro
di cavallo di Samadai e subito dopo la grande ansa di Dolphin reef che ospita
famiglie di delfini, per anni nostri inseparabili compagni di viaggio.
Da un pò di tempo ormai i nostri sogni sono proiettati verso l’altro versante del Mar Rosso: stiamo provando a ripercorrere la strada già intrapresa tredici anni fà quando, a bordo di piccole imbarcazioni, navigavamo alla ricerca di sconosciuti atolli nel Sud del Mar Rosso egiziano. A quel tempo nessuno ancora conosceva l’isola di Zabargad e tutti i suoi reef. Quando si ha la fortuna di vivere tali esperienze si vorrebbe continuare a sognare e vederle realizzate, ma questo non può accadere senza un sogno. Il nostro sogno ha un nome ben preciso: Arabia Saudita; sapevamo che prima o poi sarebbe arrivato il momento che avevamo atteso tanto pazientemente.
Dopo una virata di pochi gradi di rotta dell’aereo, ecco apparire d’incanto
“la mitica” isola di Zabargad e dopo di lei soltanto il blu. D’ora in poi
entreremo nel mondo dell’ignoto e della sorpresa; poche decine di minuti
di volo ed ecco materializzarsi sotto di noi una costa misteriosa e il Mar
Rosso tanto sognato, di cui nulla si conosce e dal quale tanto ci si attende.
Il cielo si dipinge con i colori dell’imbrunire quando finalmente dal finestrino
scorgiamo Jeddah “la perla d’oriente” che ci accoglie con le sue moschee
illuminate, le ampie strade, i grattacieli e la splendida città storica.
- Nei secoli passati da questa città transitarono grandi viaggiatori dai nomi altisonanti come Ibn Battuta “il Marco Polo arabo” che nel 1300 ha girovagato attraverso tutto il mondo islamico lasciando tracce dei suoi pellegrinaggi nel cuore della città e poi Carsten Niebuhr, capo della prima spedizione scientifica moderna in Mar Rosso datata 1760 che in questo porto perse una delle sue imbarcazioni, per finire ai giorni nostri con Jacques Cousteau, il maggiore ricercatore marino del nostro secolo. Ognuno di questi personaggi ha scolpito pagine indelebili nella storia di questo luogo lasciando comunque flebili segni del proprio passaggio. - Qui tutto è strano e misterioso, la nostra mentalità non ci permette di varcare quel limite che divide la cultura occidentale da quella di questo paese. In certi momenti è difficile scorgere i segni che solitamente contraddistinguono i paesi arabi: le moschee sono nascoste tra i moderni grattacieli, ville fiabesche, gigantesche esposizioni di automobili dai costi irraggiungibili fanno bella mostra ai bordi della strada che percorriamo per portarci fuori dalla città. Ma dove si trova la vera popolazione araba che tutti noi conosciamo con i suoi rumori, i clacson assordanti delle auto, i carretti che trasportano frutta e verdura e i profumi d’incenso che aleggiano nell’aria? - Domande che rimarranno insolute almeno sino al nostro ritorno! – La prima impressione è quella di essere entrati a contatto con un paese senz’anima o quantomeno “poco arabo” dato che sinora abbiamo incrociato uomini di diverse culture tra cui filippini, indiani, singalesi ma pochi Sauditi. Intanto abbiamo lasciato alle nostre spalle il mondo civile, con le sue contraddizioni senza risposta, per percorrere una lunga strada che costeggia il deserto. Pochi chilometri fuori Jeddah incrociamo il bivio che conduce alla Mecca dove un enorme cartello ci ricorda che è severamente vietato l’accesso ai “non mussulmani”. Un fiume di automobili si riversa in questa direzione: autobus stracolmi di pellegrini provenienti da tutto il mondo che presto raggiungeranno il luogo sacro tanto sospirato. Una forte eccitazione li accompagna in questo pellegrinaggio atteso da tutta una vita. E’ periodo di Ramadan e durante questo mese il popolo arabo si ferma. Il Ramadan viene vissuto non solo con il corpo ma soprattutto con la mente, i ritmi si rallentano e il sacrificio della rinuncia al cibo, priva gli uomini di una totale energia fisica e mentale.
Il viaggio in pullman da Jeddah per raggiungere il porto
di Al Lith è durato quattro ore e finalmente c’imbarchiamo a bordo del m/y
Dream Voyager ormai a notte fonda. Ai primi bagliori di luce siamo pronti
e impazienti per salpare alla scoperta di questo misterioso e sconosciuto
mare. Ci domandiamo cosa mai si nasconderà in queste acque e sappiamo, per
esperienza passata, che la pazienza dovrà essere l’elemento fondamentale
per raggiungere un buon risultato nella ricerca dei fondali più belli. La
scoperta di una nuova zona è lunga e spesso poco appagante soprattutto all’inizio
quando le aspettative sono ben diverse dalla realtà. Infatti, proprio di
scoperta si tratta dato che dovremo scandagliare tutti i punti di immersione
presenti in questa zona dei Farasan Banks.
Sono trascorsi solo quattro mesi dalla prima crociera e in questo tempo
sono stati raggiunti ottimi risultati dato che finora abbiamo scandagliato
e selezionato una serie d’immersioni veramente interessanti; ma molto resta
ancora da cercare.
C’è molta eccitazione e soprattutto molta voglia d’immergersi, il mare è
una tavola sulla quale navighiamo silenziosi, costeggiamo la bellissima
isola di Abu Latt per poi lasciarla alle nostre spalle, stiamo navigando
nel pieno dei banchi Farasan, una estesa piattaforma corallina che si protende
verso ovest per circa 30 miglia. Dopo circa tre ore di navigazione approdiamo
all’isola di Mar Mar, una stretta lingua di sabbia corallina contornata
da un meraviglioso reef dove l’acqua ha un colore verde smeraldo. A poca
distanza s’intravede un’altra isola e poi un’altra ancora: Dohra, Jadir,
Malathu, Danak, Jabbara, tutte piccole isole di formazione vulcanica sul
cui cratere si è sviluppata la parete corallina e successivamente l’isola.
Isole candide dalla sabbia bianchissima che costellano un mare blu cobalto.
C’immergiamo ovunque alla ricerca dei punti migliori e man mano che prendiamo confidenza con questa zona, riusciamo ad apprezzarne la bellezza e straordinarietà. Tutte le punte sommerse sono una esplosione di corallo duro dalle forme più strabilianti. Nei punti maggiormente battuti dalla corrente la madrepora si è sviluppata in maniera spropositata, mai avevamo osservato una tale quantità e varietà di corallo. Pesci corallini escono da ogni anfratto, banchi di fucilieri si materializzano dal nulla formando nuvole argentate che riflettono i raggi del sole; dentici, cernie e ogni possibile varietà di pesce di barriera è qui presente in grande quantità. Improvvisamente una, due, tre tartarughe nuotano in breve spazio e questo ci fa supporre che vadano a deporre le uova sulle isole. Sarà sufficiente una passeggiata sulla calda sabbia per rendersi conto di come queste lingue sabbiose siano meta del pellegrinaggio che compiono questi antichi animali. Le tracce del loro passaggio terminano in corrispondenza di grosse buche dentro le quali sono state deposte decine di uova che il caldo del sole farà schiudere. Le piccole tartarughe presto percorreranno a ritroso il cammino delle loro madri e la strada del ritorno sarà piena d’insidie per i piccoli che devono raggiungere per la prima volta il loro elemento naturale. Le isole sono infatti abitate da colonie di uccelli pronti ad alzarsi in volo per procurare cibo per i loro piccoli e saranno proprio le piccole tartarughe le loro prede principali. Le isole sono testimoni silenziosi di questa catena alimentare mentre sulla sabbia rimangono i resti di chi non è riuscito a sfuggire al cruento duello per la sopravvivenza.
Proseguiamo le nostre ricerche ed ecco comparire i reef che tra qualche
milione di anni diventeranno isole e anche per ognuno di loro c’è un nome:
Bandu, Gorgonia reef, sha’ab Ammar, Mudar, Long reef, Canyon reef tutte
immersioni con pareti che cadono verticali nel blu a cinquecento metri di
profondità, questi sono i Farasan Banks.
Dove c’è un filo di corrente c’è pesce e immancabili si presentano branchi
di barracuda e carangidi ma i tanto sospirati squali si fanno attendere;
l’acqua è ancora troppo calda e la corrente scarsa. Piccoli squaletti di
barriera adagiati sul fondo sabbioso, qualche esemplare in acqua libera
ma è troppo poco per le nostre aspettative. Il mare non garantisce nulla
e questa ne è la dimostrazione. Ripetiamo immersioni su immersioni e quando
meno ce lo aspettavamo ecco l’incontro che tutti attendevano ma il caso
vuole che a vederlo siano veramente pochi occhi: un mastodontico esemplare
di squalo tigre lungo circa quattro metri si materializza sulla punta sud
di Long reef. Lo squalo nuota lentamente a pochi metri da noi fissandoci
senza scomporsi minimamente, lo fissiamo con attenzione, è molto vicino
e lo osserviamo in tutti i suoi dettagli, i suoi movimenti sono quasi impercettibili,
prosegue lungo la parete del reef senza mai perderci d’occhio. Era lui che
aspettavamo ed è lui che senza nessun preavviso ci ha ricordato che il mare
è una fonte inesauribile di sorprese e deve essere sempre e ovunque apprezzato
per quello che ti dà, e il momento lo decide lui. Trascorrono poche settimane
da quell’ultima crociera e questa volta sarà la punta nord di Mar Mar a
regalarci questo enorme privilegio ben due volte per confermare che in mare
tutto è possibile, basta essere al posto giusto nel momento giusto! Ma non
dimentichiamoci mai che chi lo ama veramente riesce a godere anche dei piccoli
e preziosi gioielli che ci offre in ogni istante della giornata. Ogni giorno
che trascorriamo qui ai Farasan Banks ci vengono svelati i piccoli segreti
di questo paradiso perduto. Un’immagine scattata al volo a volte ha un valore
inestimabile rispetto a tante belle foto realizzate da ottimi fotografi
nelle quali però manca il soggetto principale.
L’ultimo giorno di crociera trascorrerà sulla splendida isola di Abu Latt
che racchiude in sè tutta la magia selvaggia di questi misteriosi Farasan
Banks. Sappiamo di trovarci in un luogo dove ancora la natura ha il sopravvento
sull’uomo e speriamo di riuscire a mantenere intatto il più a lungo possibile
questo enorme privilegio.
Rientriamo al porto di Al Lith e poi via veloci verso Jeddah. Finalmente
si riconosce il deserto, quello che non eravamo riusciti a vedere nel percorso
d’andata, dove i cammelli allo stato brado passeggiano senza meta stagliandosi
all’orizzonte di un paesaggio piatto e silenzioso. Con la luce radente del
pomeriggio questo mondo silenzioso e sconosciuto prende forma.
La sera trascorre passeggiando lungo le strade del famoso souq di Jeddah
dove finalmente si incontrano i veri sauditi, padroni di un paese a noi
ancora sconosciuto, che sta timidamente aprendo le proprie porte dorate
al mondo d’occidente.
Tutti coloro che ci hanno seguito e ci seguiranno nel prossimo futuro, dovranno
ricordarsi di essere stati i primi ad immergersi in queste acque. Un privilegio
oggi sempre più raro anche per i grandi viaggiatori.
Un saluto e un abbraccio
a tutti voi che ci avete seguito e apprezzato questo magico mondo