Notturno Egiziano '92

Dalla strada costiera, dopo un viaggio di oltre 6 ore, si svoltava a destra apparentemente nel nulla. C’era un  molo di pietrisco e terra proteso nella baia. Un paio di cammelli, una cisterna, rottami di camion e feluche abbandonate. Avventurarsi nella notte lungo il molo aveva del surreale: un forte odore di salso e lo sciabordio appena percettibile del mare erano l’unica certezza di essere giunti alla meta. Ma alla fine del molo la meta era ancora lontana, ormeggiata in mezzo alla baia.


Calarsi sul gommone poggiando su copertoni  lerci legati con cime di fortuna, passare i borsoni, sistemarsi sul gommone alla meglio cercando di proteggersi dagli spruzzi, sedere bagnato assicurato. La meta finale era l’unica barca ormeggiata nella rada, l’unica barca che ci avrebbe portato dal porto di Ras Qulan fino all’isola di Zabargad, attraverso un dedalo di reef tutti da scoprire.

Non si dormiva mai la notte dell’arrivo. Si restava incantati, sospesi nel nulla apparente, lontani da tutto. Non si dormiva perché  lo spettacolo dell’alba ci coglieva sempre impreparati. Prima una  luce rosea soffusa  spegneva le stelle, poi un sole rosso si materializzava in pochi minuti inondando di luce la baia, le montagne lungo la costa, la barca bianca e la linea chiara della barriera corallina.

Si tolgono le cime d’ormeggio, l’elica gira, si sogna. Si perde presto il riferimento con la costa e con la vita terrestre. Questo molo di Ras Qulan  era il nostro “stargate” per entrare nella magia delle acque di cristallo del profondo Sud Egitto.

Testo Laura Brunelli
Foto archivio Compagnia del Mar Rosso

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