In crociera tra i reef di Saint John

Si può essere ingordi, abbuffarsi a dismisura e nello stesso tempo assaporare, degustare, centellinare ogni più piccola sensazione? E’ quello che ho deciso di fare in questa vacanza. Questo diario sarà il mio strumento per registrare ed imprigionare per sempre le mie emozioni.

20/10/02 - 1° giorno
Stiamo finalmente partendo. Ho talmente desiderato partire per questa crociera, che ho iniziato una settimana prima ad immaginare ogni tipo di inconveniente potesse rovinare la vacanza. I più ricorrenti, ovviamente, sono quelli di un’influenza improvvisa prima della partenza o di un attacco di febbre o di dissenteria durante la vacanza. Perché siamo così contorti? Forse è un modo per esorcizzare la sfortuna. Sarà, però già sull’aereo ho iniziato ad avere mal di gola. Porca miseria! Subito un’aspirina e speriamo bene. Il volo è partito 2 ore dopo l’orario previsto. Ci hanno avvisato il giorno prima così sono riuscito a “scroccare” il pranzo alla mamma. E’ domenica, oggi è invitato mio fratello per cui mi è andata bene: risotto con i porcini e gallina ripiena. La giornata inizia bene. Luigi e Aurelio, in anticipo di un quarto d’ora, passano a prendermi. I borsoni in macchina ci stanno; ci starà anche quello di Roberto? Il borsone ci è stato. Si parte. Partenza ed arrivo in orario. L’atterraggio è fra i peggiori che abbia mai fatto. L’aereo ha toccato con una sola ruota, completamente storto, ha continuato sulla stessa per un momento interminabile. Poi la seconda ruota, e ancora il pilota non aveva raddrizzato l’aereo. Finalmente anche la punta ha toccato, qualche leggera sbandata, ma ce l’abbiamo fatta. - Un atterraggio alla Holer Togni! - mi dice subito Roberto. Davanti a me lo steward, ci incrociamo gli sguardi e ci siamo già capiti. Gli dico in inglese che è stato un brutto atterraggio. Mi risponde che probabilmente è stato fatto dal copilota come traning…. Diversamente dai miei precedenti viaggi in Mar Rosso, sempre fatti in piena estate, non ho trovato la vampata di aria bollente ad accogliermi scendendo dall’aereo. Una brezza leggera, calda e neanche tanto umida. Ci hanno detto che all’aeroporto avremmo trovato un pullman gran turismo con cui fare i circa 500 Km che ci separano dalle barche. Di pullman ne troviamo due e capisco che il termine “gran turismo” è, a dir poco, aleatorio. Sono piccoli, da una quindicina di posti ciascuno, un po’ scassati, ma completi di composizione floreale (di plastica….) che abbellisce ed “arricchisce” i posti dietro. Ci buttano i bagagli sul tetto, li legano con delle corde, e partiamo. Sono le 22,00, prima tappa al Diving World, dove caricheremo le guide. Scesi dal pulmini aspettiamo che preparino i documenti e carichino le attrezzature. Il diving si affaccia direttamente sul mare e ne approfitto per andare sul molo, dove vedo ormeggiate due barche che illuminano l’acqua. E’ sempre stato affascinante per me, osservare i pesci con il buio. L’acqua sembra che si illumini di luce propria e crea un’atmosfera speciale. Tre enormi lion fish nuotano a pelo d’acqua proprio a ridosso del pontile, a caccia di cibo. Non credo di averne mai visto di così grossi. Passa il tempo, ne approfittiamo per prendere dell’acqua e fare pipì (…sai, il viaggio è lungo!). Ci riconsegnano i passaporti chiamandoci per nome uno ad uno. E’ qui che Olivo mi viene incontro chiedendomi se fossi Pietro. –Sì- gli rispondo. –Di dove- mi chiede. –Di Travagliato- gli dico. Mi guarda fisso negli occhi, attraverso i suoi inseparabili occhiali a mascherina colore azzurro e mi dice – ma allora non sei Paolo di Capriolo! – e girandomi le spalle se ne va. Assiste alla scena anche Roberto. Ci guardiamo e scoppiamo a ridere. Il viaggio è particolarmente scomodo e continuo ad essere preoccupato da questo fastidioso mal di gola. L’aria condizionata, come al solito, è a mille. Fortunatamente riusciamo a farla spegnere. Senza, però, fa troppo caldo e dobbiamo tenere socchiusi i finestrini. L’aria mi arriva diretta in faccia! Mi copro con il gilet di pile e cerco di dormire. Dopo oltre 2 ore di viaggio arriva la sospirata sosta. Anchilosati, ci disincastriamo a fatica dai sedili e scendiamo. Un poco di sterrato di fianco alla strada fa da parcheggio a questo “autogrill” del deserto. Quattro mura con un tetto piatto e basso. Tre gradini lunghi tutta la costruzione portano su un terrazzo di un paio di metri di profondità, su cui sono disposti alcuni tavolini e su cui si affacciano due locali completamente aperti verso l’esterno. Il grande dovrebbe essere il bar. Sarà un 7 x 7 mt., con una TV da 15” nell’angolo in fondo a destra e un piccolo banco nell’angolo opposto. E’ circa l’una e mezzo, ci sono 5 o 6 egiziani, nelle loro lunghe tuniche “bianche” (si fa per dire). Due sono seduti ad un tavolino, giocano a domino fumando il narghilè. Seduti ad un altro tavolo, altri stanno parlando con in mano dei pezzi di pane. I nostri autisti ordinano da mangiare. Il nostro è un vecchietto (magari ha 40 anni…) piccolo, sdendato e magrissimo, persino curvo dalla magrezza. L’altro è più giovane e cicciotello. Ordinano un piatto che mi sembra contenere fegato, cipolle e peperoni verdi. Lo divorano con appetito, “tuciando” il tipico pane egiziano, come faceva Trinità con gli enormi pezzi di pane nella ciotola di pasta e fagioli. Molti di noi ordinano del tè. Io non mi fido a prendere niente. Prendo però la cioccolata che ho acquistato a duty free e la divido con Luigi, Elio e Roberto. Intorno scorgo alcune abitazioni, di fronte, dall’altra parte della strada, sembra esserci una moschea. Non vedo altro, non mi sia un paese quello in cui siamo. Dall’altra parte della strada, immagino ci sia il mare. Ci dicono che da questo punto in poi i cellulari non prenderanno più, rimarremo isolati dal mondo per i prossimi 6 giorni. Dopo altre 3 ore circa di viaggio (sono riuscito a dormire), finalmente arriviamo. Vedo le luci della barche ormeggiate in mare e niente intorno. Non vedo costruzioni sulla terra ferma, non vedo luci nemmeno in lontananza. Non c’è un porto. Solo un piccolo molo “carrabile” che si allunga verso il mare e le barche ormeggiate intorno. Sembra ricavato di fortuna, i fianchi realizzati con pietre e riempito di terra in mezzo, così da creare una passaggio, dissestato e largo giusto quanto il nostro pulmino. Tanto viaggiare per morire annegati sul pulmino che casca in acqua!- mi viene da pensare. Siamo tutti distrutti dalla stanchezza, sono le 4,30. Con dei gommoni ci caricano i bagagli e ci portano in barca.
E’ veramente grande e bella. Meno male, i pullman gran turismo mi avevano messo qualche dubbio. Andiamo subito a prendere possesso delle cabine. Anche queste belle, spaziose e comode. Cerchiamo di dormire che tra qualche ora si inizia subito con le immersioni. Intanto la barca si mette in cammino. Sto per addormentarmi e sento Roberto ridere. Lo guardo e lui mi dice – ma allora non sei Paolo di Capriolo! – e giù a ridere!

21.10.02 - 2° giorno
Ci svegliamo verso le 9. Nonostante la barca in movimento ed il mare leggermente mosso, la stanchezza ha preso il sopravvento e mi sono proprio addormentato. La stanchezza del giorno prima non è ancora smaltita; penso riuscirò ad entrare nello spirito della vacanza solo più avanti, piano piano. Il buffet della colazione è ricco, di cibo però che non riesco neanche ad immaginare di dover mangiare. Hot dog a pezzettini con olive, verdure crude con salse strane, affettati di “pseudomortadella”, formaggi affettati, e altri piatti che non riesco nemmeno a guardare. Fortunatamente ci sono anche cibi “normali”. Uova sode, pane arabo, fette tostate, frutta, burro e marmellata. Mangio con appetito pane, marmellata e succo. Ho ancora mal di gola. Decido di prendere il Vivin C.
Ore 11,43 Abu Galawa
La prima immersione è ovviamente una check-dive. L’ultima immersione l’ho fatta proprio in Agosto qui nel Mar Rosso. Trovo quindi subito la pesata e un buon assetto in acqua. Roberto invece, l’assetto non è riuscito proprio a trovarlo. Provo delle bellissime sensazioni. In acqua non sento il fastidioso bruciore alla gola che mi sta tormentando da due giorni e non faccio neppure alcuna fatica a compensare. Pur non essendo un reef coloratissimo, la sensazione chiara ed immediata è di un fondale “sano”. Il corallo è intatto. Penso a come doveva essere Sharm 15-20 anni fa! C’è un piccolo relitto a 16 mt., ci incrociamo con il gruppo della Farouk. Ci dividiamo dopo aver scampato il pericolo di perderci confondendo un gruppo con un altro. L’immersione continua, il corallo è veramente bello ed un brulichio di pesci colorati anima la scena. Mi sento veramente bene. Risaliamo in barca e pranziamo. Ci hanno cucinato pesce. Molto buono. Roberto sta soffrendo particolarmente la barca. Speriamo recuperi per la seconda immersione. Dopo pranzo la barca si sposta verso un altro reef per la seconda immersione. Mi metto al sole,scrivo un po’, leggo e faccio un pisolino.
Ore 15,54 Sataya South –Dolphin reef
Per la seconda immersione ci tufferemo dal gommone, in assetto negativo. Anche questo per testare le nostre capacità. Scendiamo subito nel blu sperando di fare qualche bell’incontro. Arriviamo fino ai 33,7 mt, senza vedere nulla e risaliamo piano tenendo il reef sulla destra. Con sorpresa e piacere, noto di non aver avuto alcun problema di compensazione (in passato nella 2^ era fisso). Spero di diventare monotono, ma il corallo è ancora più bello che nella prima immersione. Ne troviamo uno bellissimo. Sembra un cespuglio di piccoli fiori bianchi che si aprono e si chiudono come tante piccole bocche affamate.
Una piccola murena, pesci pagliaccio e 2 piccoli pesci pipa (della famiglia dei cavallucci marini) di circa 10 cm. Quando siamo intorno ai 7-8 mt l’immersione diventa stupenda, Una quantità enorme di pesce di barriera. Oltre ai pesci pappagallo, ai balestra, ai farfalla, grossi branchi di triglie gialle. Luce, corallo, pesce. Sono contento e mi sento davvero fortunato. Finita l’immersione, appena in superficie ed ancora prima di risalire sul gommone, Luigi vomita. Sulla barca anche Roberto mostra evidenti segni di malessere. Sicuramente passerà. La giornata volge al termine. Dopo cena ci troviamo sul ponte a chiacchierare. Sono solo le 8, ma sembra mezzanotte. Siamo stanchi e andiamo a letto. La barca si mette in viaggio, arriveremo domani mattina presto a St. Jhon. Alle 6 è prevista la sveglia e subito la prima immersione della giornata.

22.10.02 - 3° giorno
Il viaggio non è stato male. Anche se non profondamente, sono riuscito a dormire. Solo in mattinata, il mare mosso e le manovre di attracco mi hanno tenuto in dormiveglia. Alle 6 passano a svegliarci e dopo circa mezz’ora, il tempo per il briefing e per indossare la muta, siamo già in acqua.
Ore 6,44 Abili Ali
Ci tuffiamo in assetto negativo dal gommone. Mi trovo Marco, che si è tuffato di fianco a me, ingarbugliato nelle mie fruste. Risolviamo rapidamente la cosa. Anche stamattina non sento problemi ai seni paranasali, faccio però fatica a compensare l’orecchio destro. Scendiamo nel blu. L’acqua è limpidissima, calda e la visibilità è incredibile. Marco davanti a me scende come un treno. Sono concentrato a tenere compensato l’orecchio destro, che mi crea qualche problema. Guardo il computer, mt e Marco è sotto di un bel pezzo. Mi fermo subito. Incredibile, se non avessi controllato il profondimetro non mi sarei accorto di essere così profondo. Sto bene, ascolto attentamente il mio corpo per recepire qualsiasi piccolo segnale. Niente. Sto bene. Dal blu, risalendo piano, ci avviciniamo al reef. Scorgo un via vai di subacquei inaspettato. Ma da dove vengono tutti? Proprio adesso? Il reef mi accoglie in tutto il suo splendore. C’è una quantità di coralli molli indescrivibile. Le bolle dei subacquei però, mi disturbano la scena e mi distraggono dall’ambiente.
er me l’immersione è un momento quasi mistico, in cui riesco ad isolare le mie sensazioni per canalizzarle solo in quello che sto facendo. Vivo in un momento di pace, come se fossi isolato dal mondo e mi sembra di essere parte integrante di questo nuovo ambiente. L’assenza di peso, il solo rumore del mio respiro e la vita brulicante e colorata del mondo sommerso che mi circonda, sono le sensazioni che mi riempiono e appagano. Oggi questo non è successo, la presenza di tanta gente sott’acqua non mi ha permesso di godere a pieno dell’immersione. Risalendo comunque, quando siamo intorno ai 18 mt, riusciamo a vedere uno squalo grigio. E’ poco sotto di noi. Ci voleva! L’immersione sta finendo, intorno ai 13 mt ho un giramento di testa, scendo di 1 mt, mi fermo un attimo e fortunatamente mi passa subito.
Risaliamo poi tutti, l’immersione è finita. Anche oggi Luigi vomita e pure Roberto non sta bene.
Alle 8 facciamo colazione. Oltre ai vassoi di affettati, formaggi e verdure, ci sono 2 nuovi vassoi di omelette e crepes. Mangio yogurt con il miele, una crepes ed una fetta di pane tostato con marmellata. Avevo fame!
Luigi e Roberto non vengono a fare colazione.
Dopo colazione salgo sul solarium a prendere il sole. La Farouk è ormeggiata dietro di noi, si nota chiaramente come la sua struttura, alta e in legno, quindi leggere, la faccia ondeggiare in modo estremamente vistoso rispetto a noi. Il Greta ha lo scafo interamente in ferro, lo paghiamo in velocità, infatti la Farouk è molto più veloce di noi, ma guadagniamo in stabilità e silenziosità in cabina.
Abbiamo notizie che sulla Farouk sono decimati, stanno quasi tutti vomitando. Anche da noi, devo dire, l’onda lunga ha mietuto vittime, oltre Luigi e Roberto stanno male Paolo, Rosa e penso un altro paio di persone.
Ecco, la Farouk toglie gli ormeggi, forse, come stavo appunto dicendo a Marco, ormeggiano di fianco a noi. No, prendono il largo. Forse vanno alla ricerca di un luogo più riparato. Fortunatamente non soffro il mare, sto bene e me la sto proprio godendo. Elio mi indossa l’auricolare del suo CD, mi vuole far ascoltare una canzone dei Supertramp. La musica mi prende. Prima comincio a canticchiare piano, poi sempre più deciso. Sono solo sul solarium, mi alzo e incomincio a ballare. Mi accorgo che sotto Antonella e Marco mi stanno guardando e ridono. Mi faccio prendere e faccio un po’ lo stupido, ancheggiando intorno ad un palo stile lap dance. Sale di corsa Antonella e si affianca a ballare con me. Elio ne approfitta e, da sotto, ci scatta qualche fotografia.
Ore 11,40 Abili Ali
Facciamo la 2^ immersione. Superiamo i mt. Una parete di gorgonie bellissima.
Peccato che siamo in controluce. Faccio di nuovo fatica a compensare l’orecchio destro. L’immersione prosegue comunque bene. Girato intorno al reef, nella parete protetta dalla corrente, inizia lo spettacolo offerto dai pinnacoli di corallo abitato da miriade di pesciolini di barriera. Dai sempre presenti farfalla ai pappagallo, ai piccoli trasparenti glass fish, ai rossi anthias, ecc. La luce adesso è perfetta e posso godere a pieno questi colori e questo spettacolo. Incontriamo anche un paio di Napoleone, il secondo veramente grosso. Tornati in superficie, un po’ di pausa e poi la barca si rimette in moto. Mangiamo durante l’avvicinamento al prossimo punto d’immersione. Mi è venuto mal di testa, dietro, alla cervicale. Saranno forse stati gli sforzi per compensare. Roberto non mangia di nuovo. Nonostante abbia saltato la seconda immersione non si è ancora ripreso completamente.
Oggi spaghetti! Attracchiamo a Abu Basala, il reef crea una barriera a semiluna che protegge dalla corrente. Un toccasana per chi ha sofferto la barca. Il posto è molto bello ed il mare è calmo. Stanotte pernotteremo qui.
Abu Basala Drift
Facciamo la 3^ immersione, stavolta vengono tutti. Si sentono meglio.
Porca miseria, non riesco più a compensare l’orecchio destro. E’ come se fosse bloccato. Riesco a fatica a raggiungere i 13 mt. Non va proprio bene così. Risalgo e rimango per tutta l’immersione intorno ai 10 mt. Anche risalendo, intorno ai 7-8 mt, il timpano mi duole. Sto molto attento, cercando l’assetto e mantenendomi sulla quota in cui mi fa meno male e cerco di non forzare. Salgo piano. A parte un piccolo e grazioso nudibranco, non me la sono goduta particolarmente. Arrivata, nel frattempo, anche la Farouk, ci facciamo accompagnare con lo Zodiac a bordo. Non troviamo nessuno, stanno facendo l’immersione. Stiamo ripartendo quando risalgono, siamo già sul gommone per cui li salutiamo e ci diamo appuntamento per la sera. Più tardi decidono quasi tutti di fare la notturna. Io rinuncio, non voglio “rovinarmi” i timpani e ne approfitto per farmi mettere delle gocce nelle orecchie. A cena patate (le fanno sempre buone), pollo (ottimo) e riso. Ci sono ovviamente i soliti vassoi di verdure crude, cetrioli e pomodori e un paio di ciotole con salsine, che non ho ancora avuto il coraggio di assaggiare, una chiara che sembra a base di aglio, l’altra scura, indefinibile. Questi 2 giorni insieme hanno ormai eliminato le formalità, la confidenza cresce e si scherza con piacere. Iniziamo a ridere e a raccontare barzellette. Decidiamo di salire per continuare sopra, Ci portiamo il Rhum! Naturalmente quando si tratta di raccontare barzellette, io faccio la mia parte e ne sforno alcune del mio repertorio. Ha particolarmente successo quella del pastore sardo e il “dirupo” ci accompagnerà spesso nei prossimi giorni. Dalla vicina Farouk arrivano delle grida, sono i nostri amici che ci sfidano urlandoci qualche parolaccia e invitandoci a raggiungerli in barca. Rispondiamo per le rime intonando cori da stadio. Non possiamo però accogliere l’invito, il nostro equipaggio sta cenando. Ci risediamo e continuiamo a chiacchierare tra noi. Il tempo di raccontare un paio di barzellette, interrotti ogni tanto dai cori che arrivano dalla Farouk, che sentiamo un rumore di motore. Sono loro. Visto che non andavamo noi da loro, hanno deciso di venire loro da noi. Un paio di viaggi e sono tutti sulla Greta. E’ il primo momento, dall’imbarco, che ci ritroviamo tutti insieme. Passiamo un po’ di tempo insieme, raccontandoci delle reciproche immersioni e scherzando. Come fa il pescatore che le “spara” grosse aumentando a dismisura la dimensione delle proprie prede, così fanno i nostri amici raccontandoci di incontri ravvicinati con squali grigi e pinna bianca. Sarà vero??? Ci lasciano dopo un’oretta, rimaniamo ancora un po’ a chiacchierare tra noi commentando. Sono le 10,30, sembrano le 2. Saluto per andare a dormire. Li sento tutti andare in cabina poco dopo. Domani mattina la barca salperà verso le 5. Solita sveglia alle 6 per la prima immersione.

23.10.02 - 4° giorno
Fatico ad addormentarmi, sento la barca mettersi in moto. Alle 6 ci svegliano, la barca è già ormeggiata. Non ho dormito bene. Mi sveglio con un fortissimo mal di gola. Sono tutto chiuso. Avrò sicuramente russato. Mi lavo i denti e salgo. Anche Roberto accusa la sveglia mattutina. Chi ce lo fa fare?- ci diciamo mentre doloranti ci alziamo a fatica dal letto. Veloce briefing e poi giù.
Abili Jafar
Faccio ancora un po’ fatica a compensare, devo sforzare un po’. Però va tutto bene. L’immersione è forse la più bella che abbiamo fatto fino ad oggi. Il reef è molto piccolo, si gira anche un paio di volte in un’unica immersione. E’ bellissimo e coloratissimo. La luce filtra dappertutto e illumina la parete fiorita di ogni varietà di corallo. Una nuvola di Anthias ricopre quasi completamente la parete. Sono migliaia. Cerco di registrare mentalmente tutto quello che vedo, voglio prendere il libro dei pesci, appena salgo, e cercare di segnarmi tutti i pesci che ho visto.
I piccoli rossi Anthias, sempre presenti, formano nuvole pulsanti sopra le pareti di corallo che, di scatto, spariscono dentro il corallo per ricomparire immediatamente dopo al loro posto. Gruppi di piccolissime castagnole nere con la coda bianca, che come i piccoli di domino, anch’essi piccolissimi e neri con un puntino bianco e come le piccole castagnole verdi, danzano sui rami di corallo. Anche loro, come “pilotati” da un regista invisibile, s’infilano all’interno dei rami di corallo all’unisono, per poi ricomparirvi in superficie per riprendere la danza. Gli immancabili e curiosi pagliaccio, i più amati della barriera, che fanno capolino dall’anemone. Pesci scoiattolo con i loro enormi occhi neri. Branchi di argentei fucilieri e di gialli grugnitori. I farfalla, che eleganti e vanitosi, viaggiano sempre in coppia. Ci sono i balestra, i lyon fish, le cernie, di tutti i colori e dimensioni, i pappagallo, trigoni maculati, i napoleone, le ombrine e ancora, e ancora…..Tutto questo brulicare di vita e di colore sulla barriera, intanto, nel blu, il passaggio del pesce pelagico. Carangidi, un piccolo barracuda, un paio di tonni, branchi di azzannatori, qualche dentice….. Una bellissima immersione. Risaliti in barca prendiamo un attimo il sole e poi ci chiamano per la colazione. Anche oggi crepes, omelette, pane con marmellata, yogurt con il miele e… una banana ed una mela. Crepi l’avarizia! (…cosa ci posso fare. Le immersioni mi fanno venire appetito.) Decido comunque di prendere ancora il Vivin C. Ritorniamo a prendere il sole tutti insieme. Intanto la barca riparte. Pochi minuti ed attracchiamo sul nuovo punto di immersione. Troviamo il Farouk già ancorato. Partono immediatamente, a distanza, le piccole schermaglie verbali. Sento Marco e Antonella, nel frattempo, che parlano con la guida del Farouk. Sono appena risaliti e sembra abbiano visto il martello (ma li vedono tutti loro?). Marco e Antonella non resistono, si vestono immediatamente e si tuffano. Noi continuiamo il duello a distanza con gli amici del Farouk. – ecco il pinna bianca - grida uno dal Farouk abbassandosi gli slip e mostrandoci …il suo pesciolino. - hai ragione, è piccolo – rispondiamo noi, riprendendo quanto ci avevano appena confidato riguardo un avvistamento di un piccolo di squalo pinna bianca. Sull’altra barca continuano a scherzare e a buttarsi in acqua. Ad un certo punto Olivo e altri tre, si mettono bene in vista, si girano, si piegano a 90 gradi … e si abbassano gli slip mostrandoci il sedere! Non perdo l’attimo e immortalo la scena con la macchina fotografica. Noi rispondiamo con cori di slogan che è meglio non riportare.
Ore 10,47 Sha’ab Mahrus (Gota Kebir)
E’ venuta l’ora della 2^ immersione. Briefing, vestizione, saliamo sullo Zodiac e giù, in assetto negativo. Non va male, riesco a compensare. Con un minimo di fatica, ma compenso bene. Appena buttati incontriamo subito dei grossi carangidi, dentici e altro grosso pesce pelagico. Scendiamo subito verso i 36 mt. Marco sicuramente non scenderà oltre, è appena risalito dai mt per il martello. L’acqua è calda, trasparente. Sto vedendo più pesce pelagico rispetto alle altre immersioni. A 36 mt vedo Roberto che inizia a pinneggiare verso l’alto con l’atteggiamento tipico di chi è in panico. Bolle continue e pinneggiata stretta e veloce. Ormai è già troppo alto. Non riesco a fermarlo. Estraggo lo shaker dal GAV e inizio a sbatterlo cercando di attirare la sua attenzione. Si ferma, mi guarda e mi risponde con un cenno delle due mani per dirmi che si ferma ed è calmo. Noto però che l’atteggiamento non è buono. Non gli tolgo lo sguardo di dosso. Gli faccio segno con le mani – che cosa fai? Sta fermo in quota! Non risalire! – Intanto risalgo piano verso di lui tenendolo d’occhio. Gli sono a qualche metro. Si è calmato. Mi tranquillizza. Continuiamo l’immersione.
Risaliamo piano tenendo il reef sulla destra. Incrocio tanti piccoli pesci napoleone. E’ la prima volta che mi capita di vederne tanti e così piccoli. Il corallo, man mano si sale, diventa sempre più colorato. Anche questo Abili è brulicante di pesce di barriera. Mi capita spesso di fermarmi e cercare di imprigionare alcuni suggestivi scorci, addirittura mimando con le mani l’inquadratura dell’ipotetica fotografia. E’ bellissimo. Ci sono molti anfratti e passaggi. Mi infilo in uno a forma di U che entra ed esce dalla parete. Entro in una spaccatura, giro nella grossa camera che si è formata nel fondo e ritorno indietro. Incrocio Luigi e dietro di lui Elio e Roberto, quasi in controluce con il turchese intenso del mare dietro di loro. Una bellissima immagine. Faccio segno a Luigi di girarsi per goderne anche lui. Rientriamo piano, facciamo gli ultimi 20 minuti di immersione sopra i 10 mt, gli ultimi 10 minuti a 5 mt. L’immersione è stata molto bella, suggestiva e particolarmente tranquilla. E’ durata un’ora. Risaliamo, riposino breve, pranzo e poco dopo ripartiamo lasciando la Farouk alle spalle. Il trasferimento è breve.
Arriviamo in un piccolo Abili con una serie di pinnacoli davanti. Questa notte dormiremo qui. Siamo tutti sul solarium a prendere il sole, chiacchierando e scherzando. Mi avevano detto che la vita in barca è difficile e mette a dura prova anche i più solidi rapporti. Qui, non ci conoscevamo, eppure si è creata una piacevolissima atmosfera… sarà perché ci sono solo 2 donne!?!? Siamo un bel gruppo. Luigi si conferma la persona che conoscevo. Roberto, con quel suo fare vagamente distratto ed enigmatico, è anche lui ben inserito. Elio, simpaticissimo, con il suo auricolare all’orecchio, che canta ad alta voce rompendo i silenzi di relax che ogni tanto si creano sul solarium. Antonella (la guida) sempre pronta allo scherzo, allegra e disponibile. Antonella (la mia compagna d’immersioni) che mi ha battezzato “compagno Pietro”. Beppe di Darfo, “l’anziano” del gruppo, credo sia orafo. Piero che fa il tabaccaio, giovane e “nostrano”. Emilio, sposato, con un figlio di 3 anni, che ci confessa di non saper fare assolutamente nulla in casa (gli dispiace, dice, ma non ha assolutamente intenzione di cambiare…). Paolo di Villongo con la battuta sempre pronta. La coppia di Verolanuova, Mauri e Rosa, che hanno un magazzino di prodotti per elettricisti. Anche loro una bella coppia. Hanno una bambina a casa. Scherzando sono nate le 2 storielle che stanno tenendo banco sulla barca. Quella raccontata da Roberto sul dentista del suo amico che per testare la masticazione infila un dito nel sedere e quella di Paolo che afferma che le aziende automobilistiche pagano dei professionisti, ormai rarissimi e superpagati, in grado di testare i nuovi modelli “misurando” le vibrazioni del veicolo con il sedere. Il migliore, ci dice, è uno specialista brasiliano di circa 60 anni che chiamano “culetto d’oro”.
Sha’ab Aid (Umm Aruk)
E’ arrivata l’ora della 3^ immersione.
Roberto ci ha spiegato quanto accaduto nell’immersione precedente. Un dolore improvviso all’orecchio lo ha spaventato. La preoccupazione è andata velocemente ingigantendosi per una serie di pensieri negativi che non riusciva a controllare e dominare, finchè è andato completamente in panico e gli è venuta una necessità improvvisa ed incontrollata di risalire. Ora si sente ancora agitato ed il pensiero di immergersi gli crea ansia. Non se la sente di fare la 3^. Trattandosi di un’immersione facile e tranquilla, con il fondale a 15-18 mt., gli consigliamo di provare. Decide di vestirsi e seguirci. Lo tengo d’occhio fisso. Scende molto lentamente ed il respiro è affannoso. A circa 12 mt lo vedo disorientato. Ad un certo punto si ferma e si appoggia. Mi avvicino, gli occhi sono sbarrati. Cerco di calmarlo, stiamo fermi un po’, ma non gli passa. Lui però, continua a farmi cenno con le 2 mani che è calmo. Nel frattempo si sono avvicinati anche Elio e Luigi.
Roberto ci fa cenno che è Ok, che è calmo e che però preferisce risalire. Gli raccomando per l’ennesima volta (l’avevo rimproverato e glielo avevo raccomandato anche in barca) di risalire piano e lo seguo con lo sguardo. Lo vedo salire piano e tranquillo. Ormai quasi in superficie, lo vedo che si appoggia al corallo per fare la sosta. E’ Ok. Posso continuare l’immersione. Ci sono una miriade di piccoli pinnacoli rivestiti di corallo e brulicanti di pesci. Alcuni trigoni maculati, murene, anemoni pieni di pagliacci e piccoli di pagliaccio appena nati. Una buona immersione, non all’altezza della precedente.
Ore 17, 52 Sha’ab Aid (Umm Aruk)
Dopo una breve sosta, all’imbrunire, partiamo per la notturna. Siamo in 7, Antonella è la mia compagna. Ai 2 mt sento un dolore, una fitta acuta all’altezza del sopracciglio, devo stazionare un po’ per farlo passare piano piano, poi riesco a scendere. Li vedo tutti dirigersi verso il fondo, Credo non sia corretto fare una notturna sul fondo a 18 mt. Decido di rimanere un po’ più alto, mi scelgo un pinnacolo e me lo perlustro con calma. Vedo subito una murena, Poco dopo, all’interno di una spaccatura del corallo, un’altra murena che sta riposando. Vicino a lei un bellissimo gamberetto pulitore, sempre nella spaccatura, un po’ più spostato, un grosso granchio rosso vivo. Illuminando il corallo noto dei piccoli puntini luminosi, grandi un paio di millimetri. Mi avvicino, sono gamberetti, della dimensione di pochi centimetri. Saltano via come se fossero grilli. Il corallo sul reef è fiorito e grazie anche alla luce della torcia, offre uno spettacolo di colori vivi e intensi. La notturna è sempre un’esperienza suggestiva! A cena riprende la buona abitudine di scherzare e raccontare barzellette. Saliamo e continuiamo di sopra. Gli argomenti piano piano variano. Dalle crociere in Sudan, si passa alla geopolitica, alla guerra e ai grandi problemi del mondo. Rompo l’atmosfera con una barzelletta. La serata continua fino quasi alle 11, poi vanno tutti a dormire. Rimaniamo io, Roberto, Emilio e Antonella. Saliamo sul solarium, alla luce delle stelle e continuiamo a parlare fino a mezzanotte. Qui, in Egitto,sembra che nel cielo ci siano più stelle. Sembra persino siano più vicine. L’atmosfera è bellissima. Nessuno ha ormai più sonno, ma la prevista sveglia mattutina ci convince ad andare a letto.

24.10.02 - 5° giorno
La barca si è messa in moto presto e la sveglia alle 6 ci vede già sul nuovo punto di immersione. Ormai siamo diventati “lupi di mare”, come quelli veri. Direttamente dal letto, senza lavarmi né viso né denti, sono fuori che sto indossando la muta. Questa mattina scendiamo noi per primi (il nostro gruppo è quello composto da Marco (la guida), la coppia Luigi-Elio, la coppia Pietro-Roberto e Antonella.Questa mattina Roberto rinuncia all’immersione. Non ha ancora smaltito lo spavento di ieri.
Ore 6, 29 Sha’ab Farag
Siamo ritornati dove abbiamo fatto la prima ieri, dove il Farouk ha visto il martello. Scendiamo subito nel blu ed arriviamo fino ai mt. Vedo per primo un grigio. E’ pochi metri sotto di noi. Lo vedo distintamente. La piccola macchia bianca sulla pinna dorsale, le strisce nere sulla coda e la sua sagoma inconfondibile. Pochi secondi, per godermi lo spettacolo e cerco di richiamare l’attenzione dei miei compagni. Non voglio usare lo shaker, ma nessuno mi sta guardando. Decido di urlare. Marco sotto di me mi sente. Gli indico il grigio, lo vede immediatamente. Intanto le mia grida hanno disturbato anche lo squalo, che veniva nella nostra direzione e lentamente vira prendendo la direzione opposta. Riusciamo però a vederlo tutti. Ora risaliamo lentamente, teniamo il reef sulla destra. La corrente è praticamente assente per cui ce la godiamo con calma. Stamattina non ho avuto alcun problema alle orecchie. Me la godo a pieno. Lo spettacolo è quello solito di questi giorni. Non ci devo però fare l’abitudine, apprezzarlo di più ogni giorno e iniziare a conoscerlo sempre meglio. E’ così. Le interessanti lezioni di biologia di Marco ci aprono nuovi orizzonti ed insieme alla “golosa” lettura di libri di flora e fauna marina, che ci siamo portati, mi stanno aiutando a scoprire cose nuove ed apprezzare di più quello che, pur vedendo, non conoscevo. Bisogna soprattutto imparare a guardare i particolari: i piccoli polipi di corallo; le uova del corallo di fuoco nel loro bozzolo color acciaio; il fiore a forma di rosa che pare di pizzo e che, scopro dopo, essere le uova della ballerina spagnola; i piccoli colorati nudibranco e le schermaglie dei piccoli pesci colorati della barriera. Tutto questo non rende comunque meno interessante gli incontri con il napoleone, con i grossi carangidi, le murene e gli ormai sempre presenti trigoni maculati. Incontriamo anche un piccolo branco di pesci trombetta che ci seguono incuriositi. Sembra anzi, che ce l’abbiamo con Antonella. La seguono nei movimenti. Tutti insieme girano verso di lei, salgono verso l’alto, la circondano, le girano intorno, scendono verso il basso, la seguono per un attimo e poi, alla fine, se ne vanno. Ho modo di vederli molto da vicino. Sono di un colore grigio verde con delle piccole macchie azzurre. Praticamente lo stesso colore dei trigoni maculati, con le macchie molto più piccole. Facciamo colazione, mangio ancora come un maiale. Yogurt e miele, uova strapazzate, 2 fette con marmellata, una banana, una mela ed un mapo. Il tutto innaffiato da succo di mango e arance (quello però, fatto con le bustine… questo passa il convento). Mentre prendiamo il sole ci comunicano che il prossimo punto di immersione sarà nuovo ed inesplorato. Il capitano ci porterà in questo Abili mai visitato da nessuno. Arriviamo. Filmiamo il momento. Il mare è completamente piatto. Sta cambiando il tempo, dicono, probabilmente gireranno le correnti da nord a sud. Arrivati in questo nuovo posto lo battezziamo Sha’ab Lionello, in ricordo della battuta della barzelletta che sta tenendo banco in questi giorni (insieme al “dirupo” del pastore sardo…). Scendono prima Marco e Antonella insieme al capitano, per perlustrare la zona. Intanto faccio qualche foto al posto e ai miei compagni di viaggio. Rientrati dalla perlustrazione ci confermano che il posto è buono per l’immersione. Una serie di piccoli pinnacoli a destra e tre o quattro Abili, molto vicini, pieni di corallo e pesce, con anfratti interessanti da esplorare.
Ore 11,18 Er Aruk Lionello
Scendiamo dalla barca tutti insieme. Decide di venire anche Roberto. Forse la paura è smaltita. L’immersione è facile, scendiamo comunque a 27,5 mt per poi risalire piano, esplorando ogni più piccolo anfratto. Troviamo delle anemoni giganti, sono macchie di dimensioni enormi e piene di pagliacci, di tutte le dimensioni. Uno spettacolo eccezionale. Pinneggiando in questo labirinto di pinnacoli e insenature, c’è la possibilità di osservare in tutta calma la vita che scorre intorno e sotto di noi. Un piccolissimo pesce pulitore che sembra togliere le briciole dalla bocca ad un gruppo di triglie gialle e loro, vogliose, fanno la fila per farsi fare “pulizia” a turno. Un branco di piccolissime acciughe che si sposta come una grossa nuvola mossa dal vento e poi, di scatto, verso l’alto, a destra, per poi serrarsi in una forma elicoidale che sembra salire verso l’alto. Osservando meglio capisco il motivo di tanta frenesia, alcuni piccoli carangidi sono a caccia all’interno del branco. Sembrano nuotare distratti, calmi, per poi partire all’improvviso verso una loro piccola preda. Mi fermo alcuni minuti ad osservare e ho la fortuna (non per le piccole acciughe) di vedere i carangidi andare alcune volte a segno e mangiarsi il piccolo pesce.
Il fondale è basso, gli passo sopra quel tanto che basta per evitare di toccare inavvertitamente il corallo con le pinne, ma abbastanza vicino per poter osservare anche i più piccoli particolari. Davanti a me, dal fondo, si erge un enorme ventaglio di corallo di fuoco. E’ giallo ocra, completamente liscio e pieno all’interno e tutt’intorno sovrastato dalla tipica cresta con le punte urticanti di colore bianco. Fermi, completamente immobili, come se fossero stati messi lì da qualcuno, due splendidi pesci farfalla. La scena mi colpisce e subito mi viene un’analogia che mi fa sorridere. Mi vengono in mente i souvenirs che si trovano ancora su qualche bancarella e, purtroppo, anche in qualche casa. Quei piccoli soprammobili fatti con le conchiglie e… perché no? immagino il ventaglio di corallo con i due bei pesciolini di plastica nella campana di vetro che giri e scende la neve finta! Continuo l’immersione, vedo parecchi pesci palla. L’immersione continua così, in mezzo a questa vita e a questi colori, per parecchi minuti. Usciamo dopo oltre un’ora. Pranziamo mentre la barca si sposta, ci dirigiamo a nord, all’isola di Sirnaka. Il mare è ancora completamente piatto ed il cielo è coperto. Non possiamo prendere il sole ma la temperatura è ottima. Marco ci conferma che si tratta di una situazione anomala. Il cielo così nuvolo dicono di vederlo una volta l’anno. Le correnti che stanno cambiando sono il motivo del mare calmo. Ottimo per la navigazione ma non per le immersioni. La scarsa corrente riduce ulteriormente la già difficile probabilità di incontrare grosso pesce pelagico (i martello rimangono la nostra speranza….).
Arrivati all’isola di Sirnaka, troviamo la Farouk già ormeggiata e scorgiamo i nostri amici già sull’isola, in perlustrazione. Scendiamo anche noi. Saliamo sullo Zodiac e, cantando “l’oselin de la comare”, cercando di alzare maggiormente la voce quando transitiamo di fianco alla Farouk così da fargli invidia, tocchiamo la riva. La prima terraferma da quando siamo partiti! L’isola è completamente ricoperta da pezzi di corallo morto e conchiglie. Ce né di tutti i tipi, dimensione ed età. Dalla grandezza di un granello di sabbia, via via pezzi più grossi, fino a veri e propri pezzi di corallo di parecchie decine di centimetri e conchiglie intere enormi. Da rami di corallo che sembrano ancora vivi, color rosso, al color ocra, dominante, fino ai neri e pesanti fossili. Scattiamo qualche fotografia. Il sole sta tramontando creando una luce particolarmente suggestiva in questo brullo paesaggio posizionato su un mare stupendo.
Marco trova una vertebra di delfino. Siamo già parecchie decine di metri all’interno dell’isola e ad almeno 20 mt di altezza dal mare. Come ha fatto ad arrivare fino a qui? E da quanto tempo è qua? Marco mi chiama e mi chiede la cortesia di portarlo, come suo regalo, a Silvia. Accetto e gli faccio una foto per fissare meglio il momento. Ora ci muoviamo alla ricerca dei nidi di gabbiano. Dicono che l’isola ne è piena.
Il sole ormai è calato, dobbiamo fare velocemente altrimenti i gommoni non riescono a rientrare evitando il reef. Sulla grande spianata, tappezzata di bassi ciuffi d’arbusti, non troviamo che un vecchio nido abbandonato. Ci accontentiamo. Allunghiamo il passo e rientriamo. Ri-intoniamo “l’oselin de la comare” ed arriviamo sulla barca. Ci vestiamo subito per la notturna. La facciamo tutti.


Ore 18,03 Isola di Sirnaka
Le torce non bastano per cui io e Antonella faremo l’immersione con una torcia. Scendiamo tenendoci per mano. Fatico a compensare nei primi metri e la tengo un attimo ferma in quota. Osservo intanto dove vanno gli altri. Un brulichio di fasci illuminati si muovono disordinatamente nel buio. Sono dietro al gruppo, non mi piace vedere tanta confusione. Li vedo girare a destra tenendo il reef sulla sinistra. Decido allora di girare a sinistra tenendomi il reef sulla destra. Si capisce subito che è un’immersione fortunata, subito un gamberetto pulitore, in bella mostra, come se fosse a guardia del buco in cui si è rifugiato. Bellissimi coralli molli, che vanno dal bianco al viola intenso, al rosso, al blu, al verde….
In un piccolo anfratto, proprio davanti a me, la ballerina spagnola! Non ci posso credere. L’avevo “chiamata” prima dell’immersione, ed è qua! Tenendo sempre per mano Antonella, la avvicino e gliela mostro. E’ ferma, sulla parete di questa piccola spaccatura. Gli arriviamo a pochi centimetri. Antonella gli sventola la mano, muovendo l’acqua a pochi millimetri. Vediamo distintamente il bordo della sua “gonna” ondeggiare sinuosamente, insieme al ciuffo con le antenne sulla testa. Mi giro e vedo il gruppo un paio di metri sotto di noi, che sta venendo nella nostra direzione. Attiro la loro attenzione con la torcia, si avvicinano e gli mostro la ballerina spagnola. Arriva anche Beppe che, con i guanti, la stacca dalla parete. Lei, disorientata e infastidita, non riesce neanche a nuotare e si lascia cadere inerte sul fondo sotto di noi. Ma Beppe deve sempre toccare proprio tutto? L’immersione continua, perlustro palmo palmo ogni centimetro del reef. Ritrovo il fiore rosa delle uova della ballerina spagnola. I piccoli occhi luminosi mi guidano verso i piccoli gamberetti saltatori. Mi fermo davanti ai minuscoli polipi a forma di fiore che fuoriescono dai coralli. Ritrovo ancora i pesci palla, un enorme pappagallo, immobile, come incastrato tra due ventagli di corallo. Pesci scorpione a caccia, che osserviamo avvicinarsi e catturare la sua preda con il suo “risucchio” micidiale. Bella. Questa notturna mi è proprio piaciuta. Abbiamo appena il tempo di fare la doccia che la cena è in tavola. Com’è che in vacanza le giornate passano così in fretta? Eppure ci alziamo alle 6 e facciamo un sacco di cose. Dopo cena saliamo per il nostro ormai rituale dopocena. Questa sera forse è l’ultima che passiamo insieme al Farouk. Domani non sappiamo dove pernotteremo. Decidiamo di andarli a trovare. Saliamo sullo Zodiac e, intonando “l’oselin de la comare”, arriviamo dai nostri amici. Ci accolgono con sincero entusiasmo e cordialità. Sono tutti nel salone, con l’aria condizionata a mille. Ho persino freddo. L’atmosfera è stranamente calma. Mogia direi. Anche Olivio è seduto, silenzioso, quasi in disparte. Scopriamo poi il perché. Nella notturna della sera precedente, durante la risalita, sono stati avvolti e letteralmente assaliti da un branco di acciughe. Un’esperienza terribile, ci confessano. Abbiamo dapprima sentito punzecchiarci addosso, poi, in un attimo non abbiamo più visto niente. Siamo stati avvolti da una miriade di piccole acciughe che si infilavano dappertutto. Nei calzari, nella muta, nell’erogatore. Dappertutto. Non riuscivamo neppure ad illuminarci il computer sul polso - La preoccupazione di Mario, che si è sentito aggrapparsi due persone addosso, era rivolta al resto del gruppo. “Qualcuno si sarà fatto prendere dal panico?” “Sarà pallonato su qualcuno?” Sospinto da questi pensieri, decide di risalire in superficie, tirandosi dietro le due persone aggrappate. Appena sopra e tranquillizzate le due persone, si rituffa immediatamente per cercare di recuperare il resto del gruppo. E così per un paio di volte. - Appena sotto - racconta, - venivo di nuovo avvolto dal branco di piccoli pesci che sbattevano all’impazzata dappertutto, infilandosi in ogni più piccolo anfratto, dall’erogatore fino ai buchi del cinturino del computer. Se spegnevo la torcia sembravano calmarsi, ma appena la riaccendevo riprendevano più agitati di prima. – Tutti i racconti dei “sopravvissuti” concordano. Un’esperienza terribile. A causa dei su e giù, per precauzione, Mario ha poi preso dell’ossigeno. Passiamo comunque un’oretta in serena compagnia, bevendo e continuando a chiacchierare delle reciproche esperienze contribuendo a rasserenare l’atmosfera. Intanto l’equipaggio insieme ad un paio di ragazzi, se la stanno prendendo con la piccola e minuta Antonella, combinandogliene di tutti i colori. Salutiamo, saliamo sul gommone e intoniamo il coro “chi non salta del Farouk è… è”. Appena salpati è ormai d’obbligo il nostro inno “L’oselin de la comare”. Salendo sul gommone Piero è scivolato andando a sbattere violentemente con il suo ginocchio sulla coscia sinistra di Antonella. Sembrava una botta da poco, invece, nonostante le cure tempestive, ghiaccio e Aulin in pomata, gli si è gonfiata la gamba a dismisura. Non riesce quasi a camminare. In barca risaliamo e continuiamo la serata chiacchierando tra noi e commentando la serata presso il Farouk. Tutti hanno percepito l’atmosfera stranamente mogia. A noi invece basta poco, e l’allegria sale. Racconti, sfottii e, stasera, niente barzellette, non ce n’è bisogno, c’è lo stesso da ridere. Tiene banco l’articolo di un settimanale: “cosa deve fare un uomo per far godere una donna”. Roberto legge ad alta voce mentre noi tutti commentiamo. Ne escono di tutti i colori. Dalla ricerca del “perineo”, alle varie tipologie di carezze e baci. Uno spasso. Nonostante “l’intoppo”, Antonella passa la serata con noi, divertendosi e senza lamentarsi. Dimostra carattere. Si fa tardi ed uno ad uno vanno quasi tutti a dormire. Rimaniamo io, Roberto, Emilio e Antonella. Saliamo sul solarium e godendoci la stellata, anche se leggermente coperta, trascorriamo parecchio tempo chiacchierando. Ci accorgiamo, in un angolo, di un membro dell’equipaggio che sta dormendo, su uno dei lettini che usiamo per prendere il sole, avvolto in un paio di coperte di lana. Qui sopra l’umidità è altissima. Tutti i cuscini di plastica delle sdraio sono ricoperti da uno strato di acqua. Praticamente tutto l’equipaggio dorme all’aperto, sparpagliato sulla barca, con un paio di coperte come giaciglio. Cerchiamo di parlare piano e andiamo avanti. Passa il tempo finchè sentiamo la barca che toglie gli ormeggi e salpa verso la nuova meta. E’ ormai quasi l’una, anche se, considerata la levataccia mattutina, ci sembra molto più tardi. Domani ci attende la solita sveglia alle 6. Andiamo a dormire.

25.10.02 - 6° giorno
Come al solito, Marco e Antonella passano a svegliarci bussando alle varie cabine. Alla nostra non c’è bisogno di bussare. Da un paio di notti dormiamo con la porta aperta. Roberto lo preferisce e per me non ci sono problemi. Giù dal letto, indosso gli slip e salgo direttamente in coperta. Arrivano tutti. Briefing, vestizione (la fase più antipatica di un’immersione) e giù.
Ore 6,24 Sha’ab Osama
Questa mattina siamo su un reef dove solitamente si vede grande quantità di pesce pelagico. Purtroppo siamo sfortunati. Il mare è completamente piatto per cui si presume non ci sia corrente. Il che equivale ad assenza di grande pesce. Che sfiga! Antonella, nonostante la gamba estremamente gonfia, vuole ugualmente scendere. E’ visibilmente sofferente, ma stringe i denti in silenzio.
Anche questa, come tutte le prime, sarà la più profonda della giornata. La speranza è sempre quella di incontrare squali, il sogno quello di incontrare il martello!
Come detto, il mare è una tavola, le condizioni non sono assolutamente quelle ideali per gli incontri. Infatti, nonostante scendiamo fino ai , non vediamo alcun grosso pesce pelagico. Risalendo ci rifacciamo gli occhi con il reef e con l’incontro di grosse murene, napoleoni, di grossi cespugli di anemoni con gli immancabili pagliaccio. Incomincia già a prendermi la nostalgia. Ormai sono le ultime immersioni. Risaliamo e andiamo a fare colazione. Non ci sono le crepes, non c’è l’omelette, la frutta manca… siamo ormai agli sgoccioli anche in cambusa! Mi prendo qualche fetta tostata con la marmellata e chiedo della frutta. - Se la mangi stamattina non ci sarà oggi – mi rispondono. Me la faccio portare lo stesso. Una bel vassoio di mele e banane che sparisce in un attimo. Allora non la volevo solo io la frutta!
Intanto che riposiamo al sole, la barca si sposta. Noto un’agitazione strana da parte di Marco e Antonella. Mi informo e scopro che quella a cui stiamo andando, è una delle loro immersioni preferite. C’è una spaccatura profonda tra due reef, esposta alle correnti e frequentata da parecchio pesce pelagico. Speriamo bene, anche se ormai l’ho capita. Il periodo e, soprattutto, il tempo che abbiamo trovato, non promettono gli incontri sperati. Arriviamo a Maksur e ormeggiamo la barca. Siamo in mezzo al mare. Non si vede la costa all’orizzonte. Da alcun lato ormai da giorni. Eppure, in mezzo a questa distesa blu, praticamente sconfinata, tutta uguale e senza riferimenti, il nostro capitano riesce a muoversi portandoci sui reef con una precisione che ci sconcerta. Riesce a leggere le onde del mare come se gli parlassero. Scorge, dalla loro diversa increspatura, la presenza dei semiaffioranti Abili. E di notte? Come riuscirà a muoversi, in questo insidioso labirinto, senza incagliarsi? E’ meglio non chiederselo! Dal blu intenso del mare profondo, via via, a tutte le sfumature dell’azzurro, del turchese e del verde. E’ uno spettacolo affascinante quello offerto da questi pinnacoli di reef che, come dal nulla, spuntano dalle profondità fino ad arrivare a pochi metri dalla superficie. Stupendo. Eppure nulla a confronto della vita e dei colori che nasconde sotto. Mi godo lo spettacolo in pieno relax. Questo è il momento in cui siamo tutti sul solarium, chi chiacchierando, chi ascoltando CD, chi… scrivendo. Chi non se la sta godendo è Antonella. Non avrebbe dovuto immergersi, la gamba gli si è ulteriormente gonfiata e gli fa male. Tutta la barca, equipaggio in testa, si sta prodigando per prestargli cure e attenzioni. Ormai, credo che per lei le immersioni siano finite. Per fortuna è l’ultimo giorno. E’ arrivata l’ora della seconda immersione della giornata.
Sha’ab Maksur
Scendiamo puntando verso il basso alla ricerca di qualche avvistamento. Intorno ai 30 mt vedo una sagoma avvicinarsi alla mia destra. Marco è davanti a me e sotto di qualche metro. Mi allargo staccandomi dal gruppo, attirato da questo incontro. Guardo i miei compagni. Nessuno che mi guarda. Continuo l’avvicinamento arrivandogli a pochi metri. E’ un pinna bianca di notevoli dimensioni. E’ l’incontro più ravvicinato che abbia mai fatto. Posso distinguerlo chiaramente, fin nei particolari. Non mi guarda ancora nessuno. Pensavo che pinneggiando, allontanandomi dal gruppo, qualcuno mi notasse. Decido allora di urlare, si gira Marco, mi ha sentito. Anche lo squalo però che, probabilmente infastidito, vira di 180 gradi, prendendo la direzione opposta. Continuo a pinneggiare seguendolo. Anche il resto del gruppo adesso l’ha visto. Una volta allontanatosi lo squalo, riprendiamo per la nostra strada, continuando a scendere fino a raggiungere i mt. Purtroppo non incontriamo più nulla. Risaliamo piano. La corrente è strana, sembra cambiare continuamente direzione. Marco cerca di portarci al punto, illustrato durante il briefing, in cui c’è la spaccatura tra i due reef, con molta corrente e dove c’è solitamente grosso passaggio. Ci arriviamo quasi stanchi, per aver combattuto con correnti contrastanti (non forti, certo, ma “stronze”). Arriviamo sulla punta del reef, giriamo. Finalmente ci troveremo a favore di corrente. Niente. La corrente è ancora contraria e addirittura, più forte. Pinneggiate ampie e ben decise ci permettono di contrastarla a malapena. Anche la visibilità si è fatta scadente. Sembra che Marco abbia visto la sagoma di un grigio davanti a noi, ma vista la corrente (e probabilmente la nostra poca decisione nell’affrontarla) ci fa cenno di tornare indietro. Pochissimi metri a favore, rigiriamo l’angolo tornando nella direzione da cui eravamo arrivati. Avevamo corrente contraria arrivando ed ora la stiamo trovando ancora contraria tornando. Mah!
Riesco comunque a godermi lo spettacolo dei coralli variopinti che ricoprono la parete. Uno degli spettacoli che preferisco è quello offerto dalle pareti di corallo, completamente ricoperte dagli anthias, che si stagliano nel blu, illuminata a giorno dai raggi solari. Ogni immersione, durante la risalita, a pochi metri di profondità, non manco di dedicare alcuni istanti al godimento di una simile visione. Rientriamo e siamo tutti abbastanza stanchi. Pranziamo e ci riposiamo al sole. La barca è di nuovo in movimento verso il terzo punto di immersione. Ormai, da ieri sera puntiamo verso Nord. Attracchiamo. Vicino a noi sono ormeggiate 4 barche. Sono piccole, non hanno tender. Da dove arriveranno? Questi non sono in crociera, sono daily. Siamo sempre sul solarium, anche se il sole non c’è. Sono due giorni che il cielo è coperto. All’improvviso un urlo. Qualcuno ha avvistato un delfino davanti a noi. Corriamo tutti a prua. Fischiamo cercando di richiamare l’attenzione dell’eventuale branco, sperando che si avvicini. Niente. Li vediamo sbuffare allontanandosi all’orizzonte. E’ ora della terza immersione. Briefing, vestizione (sigh!) e giù.
Ore 14,57 - El Aruk Heaven (Melaya)
Scendiamo dalla barca tutti insieme, anche il 2° gruppo. Il reef è alla nostra sinistra. Ci hanno descritto un labirinto comodo da girare e scenografico. La realtà rispetta quanto descrittoci. E’ un’immersione molto bassa, mediamente intorno agli 8-10 metri. Pinneggiamo lenti, in assetto sempre controllato, per non urtare il corallo o creare sospensione. E’ pieno di vita. I piccoli pesci sono tutti presi dalle loro attività quotidiane, mentre in alcuni anfratti scorgo delle piccole cernie che stanno dormendo (hanno fatto il turno di notte!). Sono i ritmi della vita sottomarina che offre spettacoli diversi, in ogni ora del giorno e della notte. Il reef è veramente bello. Non so perché. Sarà per la particolare conformazione creata da questo labirinto, da questi anfratti, questi passaggi che da stretti si aprono in piccole camere abitate da gruppi di pesce, che mi viene un’analogia. Lo immagino come se fosse un villaggio sottomarino, del mondo dei pesci. Come quelle cittadine che si vedono nei films americani. Con quei lunghi viali alberati, ai lati dei quali una fila di villette con il giardino curato e senza recinzioni. Abitate da famigliole con i figlioletti che la mattina escono per andare a scuola mentre i papà vanno al lavoro; che il sabato si trovano con gli amici per il barbecue e la domenica mattina vanno a messa. Ecco, siamo nella cittadina dei pesci! In un grosso buco, alla base di una parete di corallo, Marco ci indica qualche cosa. Non me ne accorgo subito, ma sul fondo giace immobile una enorme cernia. E’ così grande da riempire completamente il grosso anfratto confondendo l’occhio che scambia il suo manto macchiato con il fondo della parete. Cercavo qualche forma vivente, dalle normali dimensioni, credendo di guardare un anfratto. Invece guardavo il corpo di una cernia, senza ancora scorgerne i contorni. Solo dopo, allargando lo sguardo, come se zoomassi all’indietro, mi è comparsa la figura dell’enorme pesce. Continuiamo a “volteggiare” in questo labirinto, circondati dai coloratissimi pesci di barriera. Vedo all’improvviso, davanti a me, Antonella e Marco bloccarsi ed “acquattarsi”. Marco si gira verso di me indicandomi di fare piano. Mi avvicino lentamente ed in una piccola laguna dal fondo sabbioso, che si apre sulla nostra destra, c’è un piccolo di pinna bianca! Lo spettacolo è bellissimo. Gli siamo a pochissimi metri. Lo vedo adagiarsi sul fondo, rimanervi per qualche istante e poi alzarsi e nuotare in circolo. L’osservo per un po’, poi mi sposto per far passare altri miei compagni. Sono intento a togliermi di mezzo, attento a non urtare il corallo, quando mi sento tirare sulla sinistra. E’ Luigi. Mi indica una seconda laguna, dove ci sono altri due piccoli di pinna bianca. Non mi sembra vero! Mi godo lo spettacolo. I minuti passano velocemente. Il gruppo si sposta. Riprendiamo l’escursione.
Facciamo un giro in tondo e ritorniamo nella seconda laguna con i due pinna bianca. Con Marco aggiro la laguna, troviamo un passaggio che gli gira dietro e porta su una apertura che dal fondo immette direttamente verso la coppia di squaletti. Entriamo e ci sdraiamo in silenzio. Quasi senza respirare. Siamo a pochi centimetri da loro. Lo spettacolo è emozionante. Purtroppo però, deve finire. Marco ci fa cenno di andare. Usciamo dal labirinto fino a trovarci il mare aperto davanti. Marco gira a sinistra, tenendo il reef sulla sinistra, per girargli intorno dall’esterno ed arrivare alla barca. Troviamo corrente contraria.. L’avvicinamento alla barca, causa la corrente (e l’impellente bisogno di fare pipì) sembra non finire più. Si crea un po’ di scompiglio. Il gruppo si allunga finchè, uno ad uno, sparpagliati, emergiamo. Sono ad una quindicina di metri dalla barca. Il gommone è già in acqua che sta ripescando i primi riemersi. Roberto è già salito. Aspetto il mio turno, mi faccio caricare e poi risaliamo in barca. Peccato la sgobbata finale. Rimane comunque il bel ricordo di una bellissima immersione. Le due profonde, la corrente dell’immersione precedente e quest’ultima sfacchinata, ci hanno sfiancato. Siamo stanchi. La barca si muove ancora, pernotteremo in un altro punto. Siamo sul solarium, il sole è coperto ma la temperatura è ottima. Riprende il nostro rituale. Cuffietta nelle orecchie per Elio, che canta ad alta voce. Gli facciamo una foto. Rosa, anche lei ascolta il CD, ben spalmata di “Taormina” (la crema abbrozzante miracolosa, di colore marrone. Dove non colora il sole, colora la crema…) che cerca di “aspirare” sulla sua pelle gli esili raggi di sole velati dalle nuvole. Antonella, un po’ in disparte, con il suo ambone gonfio. Beppe, appartato e silenzioso, sdraiato sulla lettino a prendere il sole. Antonella, la guida, in tutta la sua abbondanza, messa in risalto dai suoi costumi colorati e luccicanti, rafforza, sdraiata sul lettino, la sua già bruna abbronzatura. Emilio, Piero e Paolo scherzano tra di loro. Roberto inizia di nuovo a stuzzicare Elio. Sono due giorni che battibeccano e si stuzzicano per ogni stupidaggine. Sembrano marito e moglie. Se sono soli si cercano l’un l’altro e quando sono insieme discutono punzecchiandosi. Al contrario di marito e moglie però, lo fanno sempre sorridendo e mai superando il limite, così da evitare il rischio di prendersela sul serio. Il sole cala. Il buio scende velocemente e la temperatura si abbassa. Il freddo e la stanchezza prendono il sopravvento. In poco più di un’ora, dagli 11 iscritti per la notturna, siamo rimasti in 5. Anche io sono stanco, ho freddo, qualche problemino alle orecchie, ma non voglio assolutamente rinunciare. Una volta vestito sto meglio. Sarò io a guidare il gruppo. Faccio un piccolo briefing e scendiamo.
Ore 18,00 – Sha’ab Claudio
Siamo su una parete di corallo duro. Non vedo alcun corallo molle. Il colore predominante è il marrone. Rimango deluso nel non incontrare il “mio” solito corallo colorato. Incomincio comunque a perlustrare minuziosamente ogni più piccolo anfratto. Trovo dei ricci di mare, molto grossi, con aculei molto corti (sembrano addirittura molli) con degli spicchi di aculei più lunghi e scuri. Ne vedo di bianchi e di bruni. Vedo una minuscola stella marina ei i gamberetti saltatori. Ai 30 minuti di immersione riunisco il gruppo e segnalo la fine dell’immersione. Risaliamo verso la barca guidati dal faro che ci hanno acceso per orientarci. Sotto la barca hanno calato la strombo. Ci riuniamo tutti intorno alla fune. Spegniamo per qualche secondo le torce per guardare l’effetto della luminescenza del plancton e risaliamo. La cena stasera non è ai livelli a cui ci avevano abituati. Una specie di semolino asciutto al posto del riso e della carne. I soliti vassoi di verdura: pomodori, cetrioli crudi. Si vede che stanno finendo le scorte. Mangio della carne e mi faccio portare della frutta. Risaliamo quindi per chiudere insieme la serata. Stasera siamo tutti un po’ stanchi. La serata non riesce a decollare. Alle 9 arriva il cuoco con Mohammed, il nostro fido cameriere, ci portano su una torta. Sono veramente carini. La mangiamo e li invitiamo a mangiare insieme a noi. Il piccolo Mahmud spunta dal suo “nido”, ricavato tra la parete ed il lungo “divano” su cui siamo seduti. Coinvolgiamo anche lui. E’ contento e ce lo dimostra saltellando e picchiando su un fustone dell’acqua, a mò di tamburo. Chiediamo ad Antonella di convocare tutto l’equipaggio per i saluti. Arrivano tutti. Gli chiediamo di presentarsi uno ad uno e per ognuno ci sono invocazioni e battiti di mano. In particolare per Mohammed, il cortese cameriere con il sorriso sempre stampato in viso. Terminato con lo staff del Greta, ricala piano l’atmosfera. Rosa scende in cabina e torna con due giochi di società, twister e visual game. Giochiamo e l’ambiente si rianima. E’ quasi mezzanotte quando uno ad uno decidono tutti di andare a letto. Propongo ai soliti 4 rimasti, Antonella, Roberto, Elio ed Emilio, di andare nel solarium. I 3 spariscono lasciandomi solo con Antonella. Scendiamo quindi anche noi e li ritroviamo nel salotto. Chiacchieriamo ancora per parecchio, finchè decidiamo di salutarci e andiamo in cabina. Ci viene a trovare Elio e nell’intimità della cabina i discorsi diventano più intimi, seri e profondi. – Ecco come possono nascere delle profonde amicizie - mi ritrovo a pensare. Gli occhi si fanno pesantissimi. La giornata è stata particolarmente pesante. Dormiamo. Buonanotte.

26.10.02 - 7° giorno
Oggi è l’ultimo giorno in barca e questa mattina faremo l’ultima immersione della vacanza. La sveglia è sempre alle 6. Cerchiamo di immergerci prima che arrivi qualche altra barca. Alzarsi è dura per tutti stamattina, dobbiamo aspettare un po’ i ritardatari. Ci siamo tutti. Briefing, stamattina in coperta perché fa freddo ed il cielo è ancora coperto. Vestizione e via.
Sha’ab Claudio
Il reef è lo stesso della notturna di ieri, fondale basso e corallo marrone. La particolarità di questa immersione è nella scenografica conformazione del reef. Piccoli anfratti che portano in grotte, che grazie a grossi fori aperti verso il cielo, sono tagliate da fasci di luce che creano effetti suggestivi. Un’immersione particolare, diversa dal solito, facile e divertente. Incontriamo dei napoleone, uno particolarmente grosso. Troviamo un’aragosta morta. Marco è davanti, io dietro e poi Luigi, Roberto ed Elio. Le coppie sono un po’ “scoppiate”. La grotta non ha uscite per cui Marco mi fa cenno di tornare indietro. Mi giro e faccio fare altrettanto a Luigi e Roberto. Quest’ultimo, insieme a Elio partono in quarta, da soli, davanti a tutti. Dovremmo girare a destra, ma loro due sono ormai “partiti

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