émotions Djiboutiens

Le emozioni si leggono, si raccontano, si cercano, si ricordano, ma soprattutto si vivono. La nostra vita è sperabile che sia un racconto emozionante che restituisca ciò che i nostri sensi hanno impresso nel corpo e nello spirito. Allora anche qui, a Djibouti, a bordo del Boreas, un tre alberi di legno, le persone convenute sono spinte dalla promessa di una visione emozionante: gli squali balena.
Ovviamente siamo tutti subacquei ed ognuno ha staccato con la quotidianità cittadina per una breve vacanza che spezzi un inverno umido e freddo. Ma la bussola che orienta la scelta fatta qualche mese fa punta su questo luogo situato sul Corno d’Africa, dove il Mar Rosso si espande progressivamente nell’Oceano Indiano. In queste acque gli squali balena si ritrovano prima di diventare adulti e sessualmente maturi per vagare negli Oceani in modo misterioso.
Quasi un giorno di viaggio, qualche ora per ambientarsi sul Boreas of Katharina, la nostra casa galleggiante per una settimana, e poi il giorno seguente ci si sveglia più ad occidente, quasi entrando nel continente africano. Saliti sul ponte, ancora assonnati e vogliosi di una buona colazione, ci avvediamo che siamo soli, ancorati in un piccolo ridosso della costa.

Se gli squali balena vengono qui perchè il gioco delle correnti rende il mare ricco di plancton, noi tutti umani, per i motivi più diversi, cominciamo a respirare il senso della lontananza dalle cose rituali, circondati da brulle coste laviche, belle nelle loro essenzialità.
Tutto sembra essere una preparazione necessaria per l’incontro sperato con questo pesce cartilagineo, mite e solitario. Il meteo è poco africano, almeno per le aspettative: nuvole, un costante vento da oriente, sole che si nasconde e si mostra in un’alternanza di caldo e freddo che però ha già il sapore dell’estate.
Una volta vestiti si sale sui gommoni e, ballando sulle onde corte, cerchiamo di avvistare qualcosa che riveli l’oggetto del nostro desiderio. Salsedine, vento, rumore del fuoribordo, sono le uniche cose che ci offre il tardo mattino, troppo poco, quasi nulla, per noi tutti governati dall’impazienza e dal desiderio che non conosce l’attesa. Madre natura parla un altro linguaggio che non riusciamo ad intendere e quindi affrontiamo il pomeriggio chi deluso, chi speranzoso. Dopo il pranzo consumato sul tavolone dell’amicizia disposto a poppa della barca che ci ospita, veniamo interpellati da Massimo, guida del viaggio e non solo, e da Emilio, brillante biologo di bordo, per tentare l’avvistamento del balena. Un gruppo decide l’immersione, altri il gommone: anch’io mi unisco decidendo improvvisamente.
Da questo momento ciò che scrivo rompe le scansioni dei pomeriggi e diventa un piccolo racconto in prima persona, una narrazione di una gioia. Lucien, il ragazzo di Djibouti che conduce lo scafo col suo occhio lucente trasmette la sicurezza dell’avvistamento che, puntualmente, accade poco dopo. E’ sempre la parte superiore della pinna caudale che emerge, il sole brilla tra una squarcio di nubi ed illumina l’acqua nella quale si distinguono quelle sagome che nuotano un metro sotto il pelo dell’acqua. Maschera, boccaglio, mi tuffo in avanti, sento l’acqua salata in bocca, soffio con forza e, magicamente, tra le bollicine della caduta in mare, vedo il profilo del mio primo squalo balena.

E’ davanti a me, chiaro nelle sue dimensioni di almeno tre metri e limpido nella colorazione della pelle grigia ricoperta da macchie circolari chiare di diverse gradazioni. Mi colpisce la sua eleganza, la morbidezza espressa dai suoi piccoli movimenti, le dimensioni grandi ma rassicuranti. Comincio a nuotare perchè voglio muovermi con lui, temo che qualcosa lo spaventi e sparisca alla mia vista. Invece dimentico delle altrui presenze, inizio a nuotare con calma, quasi ritmicamente ai colpi delle sue pinne. Riesco lentamente a raggiungere la sua enorme testa quadrata, uno strano cuneo di linee morbide ed armoniose, individuo il suo piccolo occhio destro. Lo osservo con attenzione perchè ci hanno detto che quando è pieno, quasi sbarrato, è sintomo che il pesce è tranquillo, ed io voglio fortemente ricambiare questa euforica serenità che l’essergli accanto mi regala.

Avverto le mie gambe pinneggiare ma mi paiono un organo propulsore distinto che spinge il mio cuore e la mia testa. Dopo un tempo passato accanto, lui accelera leggermente ed io risalgo sul gommone, a corto di fiato. Ma subito un altro pesce passa vicino la barca e, di slancio, mi catapulto in acqua. E’ un esemplare un pò più piccolo, forse più giovane, ma chi può dirlo con esattezza, ed in questo momento poco importa. Nella mia caduta in mare sono già vicino alle sue branchie: le scruto incantato, cinque tagli che verticalmente si muovono come una morbida tenda di velluto, sta mangiando aspirando l’acqua con la bocca larga, un ovale nel quale il plancton viene risucchiato per poi rimanere filtrato dietro le sue branchie. Cerco di accelerare ed arrivo quasi frontalmente al suo buffo faccione stranamente dilatato: l’acqua salata entrando fa vibrare l’interno bianco come una casa di gomma, dalle candide pareti dove i bambini amano tanto giocare rimbalzando le loro giovani schiene. Ormai sono percorso dalle emozioni, uno strano tipo di adrenalina mi stimola energie insperate dando vigore ai polpacci affaticati. Si risale in gommone, ma qualche minuto non basta per rinunciare alla prossima nuotata: questa volta con me, improvvisamente vedo Laura, la insostituibile e rinata amica che mi ha portato in questo luogo. Iniziamo a nuotare da subito in sincronia, un flusso meccanico che ci rende quasi simbiotici al balena che, serafico, prosegue per la sua strada. Noi due siamo a volte dallo stesso lato, a volte ci incrociamo e lui, la creatura libera dei mari, quasi per agevolare la nostra curiosità, ormai consuetudine alla reciproca presenza, inizia a scendere di qualche metro affinchè la sua bellissima sagoma possa osservarsi dall’alto. Siamo zenitali alla sua pinna dorsale, immagino di abbracciarlo. Nasce una danza misteriosa dove il pesce si inserisce con docilità e, nel suo risalire, ci divide per ricostituire un trio sullo stesso livello di assetto. Scorrendo lungo i suoi fianchi, cerchiamo di cogliere ogni particolare nel movimento delle pinne, nel foro dietro l’occhio residuo di un’ancestrale evoluzione fisiologica, nel piccolo avvallamento prima della caudale, nella piatta pancia con gli organi sessuali che non sappiamo ancora ben distinguere.

Il pensiero costante che mi accompagna nelle nuotate con queste magnifiche creature è l’urgenza di comunicare la loro bellezza, grazia, eleganza, mansuetudine. Il sale di qualche lacrima si mescola con quello di alcune gocce di acqua marina nella  maschera. Ognuno ha una persona cara custode dei pensieri intimi ma che chiedono di essere condivisi. Ho pensato ai miei piccoli figli, a quello che saremo in grado di consegnare loro dopo il passaggio su questa pianeta, al forte desiderio che la mia emozione possa un giorno essere anche la sua.
Ecco una ragione per essere qui: un’esperienza che arricchisce, ammaestra, offra una storia di un pesce antico che chiede solamente di poter vagare negli oceani così come accade da tempo immemorabile. Alla fine la qualità del nostro tempo trascorso sarà tanto più degna per quanto avremo visto, rispettato, amato, conservato.
Gli squali balena a Djibouti chiedono di essere conosciuti come creature marine e, nel loro silenzio amico, contribuire ad alimentare il richiamo, l’ascolto, che il pianeta blu indirizza verso noi subacquei.      

Michele Guerrieri

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