WHALE SHARK EXP. 2009

Il progetto “Whale Shark Expedition”, finalizzato all’osservazione ed alla fotoidentificazione degli esemplari di squalo balena (Rhincodon typus), nelle acque del Golfo di Tadjourah a Djibouti, nasce nel 2006, quale prima iniziativa italiana di ecoturismo e ricerca, dedicata espressamente a questa meravigliosa e particolare specie di pesce cartilagineo. Una massiccia presenza di squali balena nel periodo novembre-fine gennaio, localizzata principalmente nella baia di Arta era nota agli organizzatori grazie ai numerosi report raccolti, base cognitiva per concretizzare nel 2007 il primo viaggio studio a Djibouti.
In una settimana di intenso ed entusiastico lavoro, ben 36 esemplari di squalo balena vennero avvistati, schedati e fotografati.
Schede e materiale fotografico sono poi confluiti nel database di EcOcean, l’Ente di ricerca australiano che gestisce dal 1994 il “ Whale Shark Photo-identification Library”, per l’effettiva fotoidentificazione. Il processo ha caratterizzato ben 9 “nuovi” esemplari, che sono stati aggiunti al database mondiale.
Il contributo apportato dalla spedizione italiana è risultato dunque di assoluta eccellenza, se si pensa che nei precedenti 14 anni di vita del database, solo 16 esemplari erano stati catalogati per le acque di questa regione del Mar Rosso. Gli stessi responsabili australiani hanno sottolineato con grande soddisfazione il significativo incremento informativo per quell’area del database , ben superiore al 50% nel corso di un solo anno.

Seconda edizione Whale Shark Expedition 2009
A causa di tensioni politiche e sociali nella zona, però, la seconda “Whale Shark Expedition” ha dovuto attendere il gennaio del 2009 per essere realizzata. Avvalendosi dell’esperienza accumulata, la campagna di fotoidentificazione ha potuto migliorare gli aspetti metodologici ed ampliare le attività di ricerca: oltre alla rilevazione sistematica dei parametri meteo marini, delle condizioni atmosferiche e delle coordinate GPS dei siti di avvistamento. La spedizione ha provveduto ad effettuare numerose campionature del plankton, alimento base degli squali balena, ed accurate osservazioni del loro comportamento. La giornata tipo del viaggio studio comincia all’alba. Sotto la supervisione del responsabile Danilo Rezzolla, l’intero gruppo di venti persone partecipa alle attività di ricerca, che iniziano con la raccolta dei dati atmosferici (temperatura atmosferica, direzione del vento, condizioni di pioggia e nuvolosità) e delle condizioni del mare (temperatura in superficie, moto ondoso, presenza di correnti). Prosegue con la prima immersione della giornata, che ha lo scopo di monitorare l’eventuale presenza di squali balena in profondità e di prendere confidenza con i siti di immersione e con le loro caratteristiche. Verso le 10 iniziano le attività di lavoro sul campo e di fotoidentificazione vere e proprie. A bordo dei gommoni, il gruppo incrocia cautamente all’interno della baia di Arta, alla ricerca delle grandi concentrazioni di plankton in superficie, attrattiva irresistibile per gli squali intenzionati ad alimentarsi. Una volta individuati, gli animali vengono avvicinati e fotografati, rilevandone il sesso, le caratteristiche morfometriche, i segni particolari, quali eventuali ferite provocate da imbarcazioni, e soprattutto lo “spot’s pattern”. Gli spot (macchie bianche) presenti sul derma dello squalo cambiano dimensione durante la vita dell’animale, ma non la posizione e la distanza tra di loro. Questo “pattern” (disegno) rappresenta una sorta di impronta digitale, che identifica ogni singolo squalo e le fotografie, elaborate da un software che calcola l’algoritmo del disegno dermale, sono quindi lo strumento essenziale per il riconoscimento degli esemplari. Un momento particolarmente emozionante per i subacquei e di estremo interesse per i ricercatori e stato offerto dall’osservazione notturna degli squali balena, ottenuta sfruttando le luci della barca d’appoggio: il 23 gennaio, per ben due ore una coppia di esemplari ha nuotato tranquillamente sottobordo, nutrendosi delle aggregazioni di plankton create dal cono di luce dei fari nautici.

Dei 16 squali avvistati nel 2009, 9 nuove segnalazioni sono state inserite nel database di EcOcean con i codici identificativi dal DJ-033 al DJ-042: per il 90% si tratta di esemplari maschi subadulti (tra i 3,5 e i 4 metri).
Nessuno degli squali fotoidentificati è comunque mai stato osservato altrove. La spedizione del 2009 ha raccolto una grande mole di dati, oltre a quelli sommariamente sopra esposti, concernenti la presenza degli squali balena nelle acque di Djibouti che saranno presentati compiutamente in un articolo scientifico di prossima pubblicazione; inoltre, vista l’importanza dei dati raccolti, le spedizioni del 2007 e del 2009 sono entrate a far parte del progetto di ricerca “Divers Aware of Sharks” diretto da “Equipe Cousteau”.
L’analisi preliminare delle informazioni raccolte suggerisce affascinanti ipotesi e direttrici di ricerca: Djibouti sembrerebbe una sorta di autogrill riservato ai giovani maschi di squalo balena, lungo la misteriosa autostrada percorsa durante loro migrazioni.
Ma questa ipotesi implica anche una serie di domande: dove vanno gli squali balena quando si allontanano da queste acque? Perché vengono avvistati soprattutto giovani maschi? Esiste una sorta di “fidelity” (fedeltà) degli squali a queste acque? Il loro numero sta crescendo o diminuendo? Gli stimolanti risultati e le domande senza risposta frutto delle due “Whale Shark Expedition” in Djibouti, sicuramente porteranno il gruppo di ricerca a ritornare nei prossimi anni nel Golfo di Tadjourah, al fine di proseguire nella fotoidentificazione degli squali balena e di approfondire ulteriormente le indagini sul comportamento alimentare e sulle rotte migratorie di questi splendidi giganti del mare.

Danilo Rezzolla e Tiziano Storai

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