Nazario Sauro

Località Grande Dahlak (Massaua)
Distanza dalla Costa 24 miglia
Tipo Nave cargo
Nazionalità Italiana
Cantiere Ansaldo di Sestri Ponente
Varo 14 maggio 1921
Data Affondamento 6 aprile 1941
Causa Affondamento autoaffondamento
Lunghezza 136 metri
Larghezza 16 metri
Stazza 8.150 tonnellate
Propulsione motore
Motori 2 gruppi di 3 turbine con 4 caldaie
Eliche 2
Posizione assetto navigazione
Profondità minima e max. da 25 a 40 metri
Profondità max consigliata 40 metri
Visibilità da bassa a media
Corrente media probabilità
Difficoltà impegnativa
Esplorazione Interni impegnativa
Interesse Storico medio
Interesse Biologico elevato
Interesse Scenografico medio
Ora migliore mattino – ore centrali
Notturna no
Snorkelling no

NAVE

Il Nazario Sauro venne allestito nel 1919 nei cantieri Ansaldo di Sestri Ponente come piroscafo da carico e subito trasformato in nave da trasporto passeggeri e emigranti per conto della società armatrice Transatlantica Italiana. 80 posti erano stati destinati alla prima classe in comode cabine a uno e due letti, con relativi saloni da pranzo, fumo, scrittura, musica e bar mentre quelli in seconda classe erano 48 in cabine a due e quattro letti con sala da pranzo e sala da ritrovo. I posti in terza classe erano 1109 destinati agli emigranti che alloggiavano in cameroni dormitori con pochissimi comfort. Varato il 14 maggio 1921 e consegnato alla società armatrice l’1 febbraio del 1924, quando ormai i bilanci di quest’ultima erano in passivo. Nello stesso mese di febbraio intraprese il viaggio inaugurale da Genova verso il Mar de la Plata alla guida del capitano Canepa, ma ormai queste navi erano ben poco competitive rispetto ai nuovi transatlantici della Navigazione Generale Italiana e del Lloyd Sabaudo, decisamente più veloci e confortevoli. Alla fine del 1927 il Nazario Sauro venne messo in disarmo dove vi rimase fino al 1934 quando passò alla Tirrenia che ne modificò le sistemazioni interne, riducendo i posti in terza classe a 576 e destinando la nave alle rotte della Somalia Italiana con scalo a Massaua dove venne utilizzata durante la campagna etiopica, per trasporto materiali e truppe. Il primo gennaio 1937 passò definitivamente al Lloyd Triestino che la pitturò di bianco, come consuetudine per le navi della compagnia triestina. Insieme a tanti altri piroscafi mercantili e passeggeri, anche la Nazario Sauro si trovò bloccata in Mar Rosso il 10 giugno 1940 allo scoppio della guerra. Rimase in disarmo a Massaua fino all’aprile dell’anno successivo quando l’Eritrea stava per cadere in mano agli inglesi. Il 6 aprile 1941 si spostò alla Grande Dahlak dove si autoaffondò.


STORIA

Aprile 1941, l’avanzata inglese era ormai incontenibile in Etiopia e il porto di Massaua in totale subbuglio. L’ordine tassativo era quello di non cadere in mano nemiche e le navi da guerra italiane partirono allora per un ultimo eroico ma quasi suicida attacco a Port Sudan. Oltre una cinquantina tra navi mercantili e passeggeri rimaste intrappolate in Mar Rosso, il 10 giugno 1940 allo scoppio della guerra, decisero invece di autoaffondarsi. Molte di queste scivolarono sul fondo davanti ai porti di Massaua e Assab o lungo la costa, qualcun altro si diresse invece verso il mare interno alla Grande Dahlak dove tra il 4 e 6 aprile 1941 sparirono per sempre dalla vista. Il Nazario Sauro si pose dolcemente sul fondo a 40 metri di profondità con parte degli alberi di trinchetto e mezzana che sporgevano dall’acqua. Fu proprio così che la ritrovò Cousteau agli inizi degli anni ’60 durante una delle sue spedizioni. Il colpo di stato e la lunga guerra etiopico-eritrea nel 1975, vietarono l’accesso al Goubbeth e del Nazario Sauro si persero per molti anni le tracce fino a quando nel 1995 una spedizione italiana composta da Andrea Ghisotti e Riccardo Melotti, decise di tornare in quei luoghi alla ricerca del piroscafo. Dopo vari tentativi di ricerca finalmente dal fondo si innalzò una grossa struttura. Il Nazario Sauro era finalmente stato individuato.


PIANO IMMERSIONE

Il relitto dai “capelli bianchi”, così come lo aveva battezzato Cousteau poggia oggi su un fondale piatto a -40 metri di profondità in perfetto assetto di navigazione con i picchi di carico ben disposti, le stive scoperchiate, gli argani e i cavi ormai inguainati in robuste scorze madreporiche. La bellissima prua presenta un tagliamare sottile ed affilato con le catene delle ancore che si perdono verso il largo avvolte da una fitta “capigliatura” di gorgonie a frusta, da cui pendono enormi bivalvi. L’enorme poppa sovrasta il gigantesco timone che è ancora al suo posto con la parte inferiore totalmente corrosa. Al posto delle eliche sono purtroppo rimasti i due assi vuoti mentre le eliche molto probabilmente sono state asportate e recuperate nel dopoguerra da una compagnia di recuperi italiana alla quale era stata affidato l’incarico. Lungo la coperta a -25 metri di profondità troneggia come un castello l’ampio e possente cassero, mentre la plancia costruita in legno, per ridurre inconvenienti di interferenza magnetica con la bussola, è totalmente distrutta. Anche la sala nautica e gli alloggi superiori non esistono più, ormai schiacciati e scomparsi. Gigantesche maniche a vento circondano l’alto fumaiolo anteriore ancora al suo posto, ma anche lui ridotto ormai a uno scheletro mentre quello posteriore è invece in migliore stato, riverso in coperta. Al termine del cassero centrale c’è un brusco salto che riporta sul ponte principale dove si aprono tre stive, tra le quali spunta l’albero di mezzana rivestito da miriadi di organismi, che si perde verso la superficie. Anche qui i bighi di carico, i verricelli e i cavi sono ancora diligentemente disposti e in ordine. La zona più affascinante del relitto è sicuramente la sala da pranzo di prima classe, coperta da una coltre impalpabile di limo. Dei servizi di bordo sono rimasti ancora tutte le vettovaglie tra cui coppe, vassoi, insalatiere, fondine e piatti con impresso lo stemma e le lettere “L T”, Lloyd Triestino, società armatrice della nave, e sul retro stampato il marchio Richard Ginori 1938. Spicca una meravigliosa macchina del caffè sormontata da una grande aquila appoggiata su un ripiano, si tratta di un modello Victoria Arduino a vapore degli anni ’30. Dagli enormi finestroni filtrano lame di luce che illuminano quel che resta del pianoforte a coda con le corde ormai rivestite di uno spesso strato di ruggine, i pedali sono ancora al loro posto come il porta spartiti sul quale il pianista ha appoggiato le sue mani per l’ultima volta durante l’ultima traversata dall’Italia verso il suo destino finale. Tutt’intorno al relitto, banchi fittissimi di pesci mentre in coperta e sulle strutture sono presenti attinie, molluschi, spugne, gorgonie, madrepore molli che hanno preso possesso della nave trasformandola in un giardino fiorito. Questo è quanto ci è stato raccontato da chi è riuscito a vedere il Nazario Sauro l’ultima volta. Oggi la nave è tornata a riposare silenziosa e solitaria nei fondali della Grande Dahlak in attesa che qualcuno prima o poi torni a trovarla.