Port Sudan

Capoluogo della provincia marittima sudanese, Port Sudan è il principale centro economico della costa, e non potrebbe essere altrimenti dato che è anche l’unico porto ufficiale del paese. La città sorge in una località dalle origini molto antiche, testimoniate da testi d’epoca tolemaica che si chiamava Theon Soteiron. La storia di Port Sudan è, al contrario, molto più recente: creata dagli Inglesi nel 1909, secondo lo stile delle “new town”, aveva come unico scopo quello di sostituire l’ormai vecchio porto di Suakin con uno più organizzato ed efficiente. Quando gli inglesi si installarono definitivamente in Sudan nel 1937, soppiantarono rapidamente il commercio marittimo arabo e imposero la costruzione di questo nuovo porto nella località di Marsa Sheick Bargut: una profonda baia naturale perfettamente protetta e capace di accogliere le navi a vapore di grande stazza dell’ammiragliato e delle compagnie marittime.
Nonostante un primo periodo di boicottaggio da parte dei vecchi commercianti arabi, con il passare del tempo la città e il suo porto acquisirono il totale predominio della costa. La città visse in quei periodi momenti di grande prosperità, il nuovo porto era diventato una tappa fissa per le navi che solcavano il Mar Rosso per raggiungere le Indie; per le strade di Port Sudan era normale incontrare commercianti provenienti da tutto il mondo e questo fece si che la città diventasse un polo che riceveva persone di diverse culture. Ben presto cominciarono ad arrivare piccoli imprenditori ad investire i propri patrimoni in terra sudanese. Successivamente in città si installò una forte comunità greca e ben presto la maggior parte delle attività interne alla città vennero controllate da loro che rapidamente diventarono una vera e propria forza. Siamo alla fine degli anni ’40 e Port Sudan splende di luce propria.


Il momento di massimo splendore la città lo raggiunse negli anni ’50, e proprio in questo periodo che tra le tante attività ricreative, viene scoperta anche la bellezza del suo mare. Le battute di pesca sono all’ordine del giorno e il mare piano piano diventa un ulteriore punto di riferimento per lo svago degli abitanti della piccola cittadina. Fu proprio in questi anni che Port Sudan cominciò ad essere conosciuta anche all’estero per il suo splendido mare; in breve tempo nomi altisonanti della subacquea mondiale cominciarono ad immergersi in queste meravigliose acque. Stiamo parlando di uomini che hanno scritto la storia della subacquea mondiale: Hans Hass, Jacques Cousteau e Bruno Valilati. Nel breve spazio di pochi anni, ognuno di loro con mezzi ed esperienze totalmente diverse, s’immersero in queste acque facendo conoscere per la prima volta il Mar Rosso in tutto il mondo. Nella piccola cittadina coloniale il tempo trascorre lento e relativamente tranquillo, si ha la sensazione di vivere in un piccolo paradiso fuori dai problemi che da tempo coinvolgono il resto del paese, ma grossi sconvolgimenti politici stanno invece avvenendo: nel 1955 viene definitivamente chiuso il rapporto intrapreso dal 1899 con la confederazione Anglo-Egiziana. Il Sudan diventa uno stato indipendente nel gennaio 1956, soggetto alle dittature del gen. Ferk Abboud (1958-1964) e del gen. Jafaar al-Nimeiry (1969-1985).
Nel 1969 l’allora presidente Nimeiry chiede appoggio agli stati comunisti per cercare di risollevare le sorti di un paese afflitto da continue rivoluzioni interne. Il rapporto con i paesi comunisti dura soltanto fino al luglio 1971, quando il presidente comunica ufficialmente la chiusura dei rapporti con la Russia. Il 15 settembre dello stesso anno vengono effettuate le elezioni nelle quali Nimeiry otterrà l’86.5% dei voti. Obiettivo del presidente sarà quello di costituire un paese arabo socialista, strada già percorsa in Egitto dal colonnello Nasser e in Libia dal colonnello Gheddafi. Nel 1973 viene costituito ufficialmente la SSU Socialist Sudan Union che durerà fino al 1985 sotto diretto controllo dello stesso presidente. In questo periodo Nimeiry stringe un contatto diretto con la “ Muslim Brothers’ ” ai quali affida incarichi di prestigio all’interno del governo. Nell’aprile del 1985 mentre il presidente si trova in visita prima in America e poi al Cairo nel paese si scatenano vere e proprie guerriglie a favore del partito islamico. Il presidente rimarrà esiliato in Egitto mentre nel paese si apre una ennesima porta buia.


Con il colpo di stato del 30 giugno 1989 il Sudan ritorna sotto un regime militare in seguito trasformato in un governo civile a orientamento fondamentalista islamico, nel paese viene definitivamente applicata la Shari’a e a capo del partito islamico si trova Hasan al – Turabi. Il 30 giugno 1989 viene eletto a capo del governo Omar Bashir presidente del NCP National Congress Party, rieletto il 17 marzo del 1996 e successivamente il 20 dicembre del 2000. Omar Bashir ha gestito le ultime elezioni propagandando lo stato d’emergenza e mettendo a tacere gli oppositori tra i quali il potente capo ideologico del partito fondamentalista islamico Al-Turabi. Come si può capire da queste poche righe, stiamo parlando di un paese che in pochi decenni ha rivoluzionato continuamente la propria storia alla ricerca di una stabilità molto difficile da trovare per un popolo afflitto da troppi problemi tra i quali l’elevato tasso di analfabetismo e di mortalità. Inoltre se si considera che nelle regioni settentrionali predominano genti arabe di religione mussulmana; nelle aree desertiche nordorientali vivono i nomadi Beja; il sud è popolato da genti nilotiche di religione cristiana o animista, suddivise in diversi gruppi tra cui i Dinka e i Nuer, si può intuire come siano necessari ancora tempi lunghi per raggiungere un equilibrio ancora lontano a venire. Le regioni meridionali del paese a maggioranza cristiana, che chiedono una più ampia autonomia e l’abrogazione della legge islamica, sono da decenni teatro di una sanguinosa guerriglia.
Nel corso del 2000 una campagna di bombardamenti aerei ha provocato nell’area centinaia di vittime tra i civili.
Oggi a Port Sudan il tempo sembra essersi fermato, perché nulla è mutato da allora: sulle ampie strade una volta percorse dalle automobili dei coloni transitano ancora vecchi modelli di auto, carretti trainati dagli asini e carichi d’ogni sorta di mercanzie; a fatica iniziano a fare la loro comparsa nuovi mezzi fiammanti, simbolo di un paese che senza fretta cerca di aprire le sue porte ad un lento rilancio economico. La città ripropone oggi i fasti di un periodo ben più prospero - rimasto vivo solo nella memoria di chi ha avuto la possibilità di assistervi - con le sue architetture coloniali.


Vecchi palazzi decadenti fanno da corollario ai resti di una città che fu ricca e dove, soltanto cinquant’anni fa, convivevano la cultura araba e quell’occidentale. Sotto i lunghi porticati si trovano i bar e i negozi rimasti immutati nel tempo, ma completamente vuoti; gli uffici delle compagnie di navigazione che una volta regolavano tutti i traffici marittimi sono ora stanze deserte, sbarrate da enormi portoni in legno massiccio. Nelle vie centrali della città ci sono ancora le sartorie gestite da abilissimi tessitori eritrei, dalle cui mani uscivano splendidi modelli di camicie di lino, tanto richieste dagli ufficiali inglesi. Il folcloristico mercato, il suq, regola la vita quotidiana della città: bancarelle magistralmente disposte mettono in mostra quanto di meglio offra la produzione locale; splendide composizioni di frutta e verdura attirano l’attenzione dei passanti, cercando di invogliarne l’acquisto.
Un’altra zona del suq, quella dedicata alla carne e al pesce, è situata all’interno di un capannone in stile liberty: quarti di carne macellata, disposti su enormi tavoli in legno massiccio, attirano le donne splendidamente avvolte nei loro veli, che si destreggiano tra le bancarella alla ricerca della migliore qualità al minor prezzo. In periferia centinaia di cammelli vengono venduti all’asta dopo contrattazioni interminabili; bizzarri personaggi si aggirano intorno ai poveri animali, analizzandoli da cima a fondo prima di iniziare a discuterne il prezzo. Ampi gesti e urla assordanti accompagnano la trattativa, intervallata sempre più spesso da un buon bicchiere di tè, chay, o di caffè, gahwa, bevande essenziali per la sopravvivenza di un arabo. All’imbrunire il cielo si colora di rosso disegnando forme astratte; la città si accende con tutte le tonalità del giallo prima di scomparire inghiottita dalla notte. Quando anche l’ultimo raggio di luce è sparito, un rumore assordante prende il sopravvento: sono i piccoli generatori che permetteranno a pochi privilegiati di illuminare le proprie abitazioni. La corrente elettrica è un privilegio in una città che vive con poche certezze.
Nonostante negli ultimi anni Port Sudan stia lentamente cercando di acquisire una propria indipendenza dal resto del paese; sono state emessi leggi per noi di poco valore ma che in un paese come questo, dove il tempo sembra essersi fermato al periodo del colonialismo inglese, hanno un immenso valore.


LE PRIME SPEDIZIONI SUBACQUEE IN SUDAN
Hans Hass: Il giovane Hass coltivava da sempre un sogno: poter mettere la testa sott’acqua in Mar Rosso in compagnia soltanto della sua telecamera, rigorosamente autocostruita, per poter filmare gli squali. Il suo arrivo a Port Sudan nell’ottobre del 1949 venne accolto con un misto di incredulità e incoraggiamento da parte della British Colonial Service presso il Red Sea Club, situato all’interno del bellissimo edificio coloniale del Red Sea Hotel. I risultati ottenuti da Hass furono stupefacenti e durante il periodo di permanenza in Sudan egli scrisse il libro “Under the Red Sea”, nel quale descrisse anche il suo primo “drammatico” incontro con la manta. Dopo questa prima esperienza in Mar Rosso, durante la quale realizzò il filmato subacqueo “Avventure in Mar Rosso”, presentato con enorme successo alla Biennale di Venezia nel 1951, Hass ritornò in Sudan nel 1957 per completare le sue riprese subacquee, soggiornando un anno a bordo dell’imbarcazione Xarifa.
Bruno Vailati: La prima spedizione italiana in acque sudanesi venne denominata “Sesto Continente” in onore del misterioso continente marino di cui a quel tempo non si conosceva nulla. Si svolse nel 1951 con l’impiego del peschereccio Formica e Bruno Vailati ne fu l’ideatore. Alla spedizione si unirono Folco Quilici, realizzatore dell’omonimo film e libro, e altri nomi illustri della subacquea italiana di quel tempo. Le attrezzature utilizzate erano tutti prototipi di origine militare: dai respiratori ad ossigeno a circuito chiuso, alle piccole bombole con un’autonomia massima di dieci minuti scarsi. Le attrezzature fotografiche e cinematografiche erano racchiuse all’interno di custodie autocostruite e la maggior parte delle riprese venivano realizzate senza l’ausilio di nessuna sorgente luminosa. La spedizione del Formica durò un anno, durante il quale vennero toccate tutte le coste del Mar Rosso.
Jacques Cousteau: Il comandante Cousteau effettuò la sua prima ricognizione nelle acque sudanesi nel dicembre del 1951, per progettare quello che sarebbe divenuto uno degli esperimenti scientifici più interessanti della storia della subacquea: installare sul fondo del mare un vero e proprio villaggio sommerso in cui i sommozzatori potessero vivere alla stessa pressione esterna per tutta la durata dell’esperimento. La spedizione, denominata Precontinente II, si concretizzerà nel giugno 1963. Il 15 giugno i sommozzatori che prendevano parte all’esperimento scesero in acqua dopo l’ultimo saluto. Non sarebbero riemersi che il 23 luglio. Oggi di tutta quella maestosa operazione all’entrata della passe di Sha’ab Rumi, sono rimasti i resti del riccio, dell’acquario e il garage, oltre alla gabbia antisqualo. Nel corso di quella memorabile impresa venne girato il film "Il mondo senza sole", vincitore di un Oscar cinematografico. Con quest’impresa Cousteau riuscì a realizzare il sogno di un suo famoso predecessore della fantasia, Jules Verne.

 

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