L’esigenza che spinge una comunità a costruire la propria città, sullo spazio ristretto di un’isola nascosta in una laguna tra mare e deserto, è sicuramente quella di proteggersi e al tempo stesso di assicurarsi il controllo totale sulle attività commerciali che si svolgono tra mare e terra, tra carovane e sambuchi. Un luogo dalla posizione così unica è talmente perfetto da essere destinato a un susseguirsi di conquistatori, giacchè le mire di ogni nuovo arrivato si appunteranno su un tale nodo strategico. E questa è stata la sorte di Suakin, una città che, passando da una dominazione all’altra, ha visto alternarsi periodi di floridi commerci a periodi di decadenza.
Ciascuno dei signori che conquistarono la città ha lasciato leggibile il segno del suo passaggio nell’architettura, dove gli stili si fondono in un insieme armonico e ciascuno stile attinge al precedente e si adatta alla tradizione, al clima e alla luce, ma soprattutto all’unico materiale da costruzione reperibile, il corallo.
Il corallo cerebellare che cresce lungo tutta la costa costituisce, infatti, un ottimo materiale calcareo, poroso per natura e quindi coibentante, facilmente riducibile in blocchi come una arenaria compatta.
Le case semplici su un livello sono generalmente costituite da due ambienti distinti: quello pubblico destinato agli uomini, dove venivano trattati gli affari, e quello privato destinato alle donne e alla vita familiare. Nelle case dei ricchi mercanti aumentano gli ambienti, compaiono stucchi e decorazioni ma lo schema con separate funzioni viene sempre rispettato. Il periodo architettonico più rilevante corrisponde alla dominazione turca, sotto la quale Suakin conobbe la sua “epoca d’oro”. La città si espandeva velocemente e la mancanza d’aree disponibili sull’isola (135.000 mq.) comportò la decisione di innalzare le costruzioni su più livelli, talvolta anche in modo azzardato. In questa epoca che va dai primi anni del 1500 a metà del 1800, sono collocabili gli edifici più significativi dei quali oggi si riesce a leggere solamente qualche dettaglio costruttivo. Tra questi dettagli possiamo ancora ammirare l’intarsio arabesco delle mashrabiyah o roshan: le protezioni di legno delle finestre, che avevano la doppia funzione di oscurare dalla luce intensa del giorno lasciando nello stesso tempo passare la brezza e che venivano costruite in legno di tek argentato, appositamente importato da Giava.