L’ISOLA DELLE DUE LUNE
L’origine del nome Kamaran deriva dall’arabo e significa “le due lune” da qui la definizione “le isole delle due lune”. La seconda luna, che esiste solo nel nostro immaginario, è quella che si riflette nelle acque del Mar Rosso e coloro che non la vedranno non potranno apprezzare il lato romantico di questo arcipelago ma soltanto i suoi lati peggiori. E’ questo l’appellativo attribuito a queste isole selvagge e primordiali che si trovano a poche miglia dal porto di Salif sulla costa Yemenita e a circa 30 miglia dall’arcipelago delle Zubayr. L’arcipelago delle Kamaran è formato da alcune isole principali come la Grand Kamaran, Uqban e Antufish sicuramente le più significative, oltre a queste solo una serie di piccoli isolotti e scogli emergenti come Kadman Island, Tiqfash Island, Labwan, Six foot Rocks e Merlin Shoal. Rimaste chiuse per oltre trent’anni e in mano ai militari a causa della loro posizione strategica, le Kamaran sono state riaperte soltanto dopo la fine delle ostilità tra Yemen e Eritrea.
La storia delle isole Kamaran
Collocate in una posizione particolarmente strategica dato che si trovano alle porte dell’imbocco sud del Mar Rosso, le isole Kamaran furono in passato terra di conquista da parte delle diverse potenze che si sono succedute il Yemen a partire dai portoghesi che vi si installarono per primi nel 16mo secolo, prima di allora rimasero disabitate per centinaia di anni. Il dominio dell’isola permetteva all’esercito portoghese di rifornire di viveri e acqua potabile le proprie imbarcazioni che navigavano in queste acque. Le truppe portoghesi nei secoli a venire continuarono ad andare e venire dall’isola lasciando ovunque i segni della loro dominazione che con il tempo andarono sgretolandosi a parte i resti di un enorme fortino ben visibile collocato all’imbocco del piccolo porto sul versante sinistro. Nel 1872 i portoghesi vennero estromessi e l’isola passò sotto il domino dell’esercito ottomano, sotto questa dominazione gli abitanti cominciarono a godere di buoni privilegi tra cui la costruzione di alcuni pozzi che garantirono finalmente acqua potabile a tutti gli abitanti ma anche per l’importanza che assunse l’isola per la presenza della stazione di quarantena che, grazie all’impressionante afflusso di pellegrini in arrivo dall’India, dall’Africa e da tutti i paesi dell’Estremo Oriente, la fece conoscere in tutto il mondo mussulmano. L’enorme afflusso di pellegrini via mare fece si che il porto di Kamaran divenne un vero e proprio punto di riferimento anche per lo scambio di culture provenienti da tutto il mondo. Nel 1859 gli inglesi acquistarono l’isola da un potente sceicco locale ma non poterono esercitare nessun potere secondo un accordo privato stipulato al momento dell’acquisto. L’isola nel 1910 contava solo cento abitanti che diventarono duemila nel 1954 Nel 1915, nel corso della seconda Guerra mondiale, l’esercito turco venne definitivamente sconfitto e sull’isola venne esercitato un controllo internazionale sulla stazione di quarantena sotto la diretta gestione britannica. In previsione di un aumento dei pellegrini, l’accampamento venne esteso notevolmente.
Laddove i turchi avevano costruito piccole capanne con rami di acacia, queste vennero sostituite con enormi capannoni dormitorio molto più confortevoli. Molta cura venne data anche alla pulizia e disinfestazione dei caseggiati, del campo e in particolare dei pellegrini in sosta. Fu anche costruita una centrale elettrica in grado di fornire elettricità a tutto il paese. Il rifornimento idrico era inadeguato pertanto venne installato un dissalatore in grado di produrre acqua dolce recuperata da quella del mare.
Successivamente a questo stato di sviluppo dell’isola, vennero aperte diverse attività commerciali, tra cui negozi, piccole aziende meccaniche, venne costruita una piccola ferrovia per il trasporto dei combustibili e una fabbrica del ghiaccio, unico mezzo per mantenere il fresco nella torrida isola. Gli abitanti che prima della costruzione della stazione di quarantena, professarono soltanto l’attività di pescatori e marinai, con l’avvento dei pellegrini svilupparono l’attività della pesca delle perle che diede loro rapidamente ricchezza. Questa illusione di prosperità economica ebbe vita breve dato che ben presto la stazione di quarantena venne trasferita in Arabia Saudita e quella di Kamaran venne chiusa definitivamente. Da qui il crollo dell’isola che vide sfumare rapidamente tutti i suoi sogni di prosperità per ricadere nell’anonimato. Nel 1949 gli inglesi dichiararono formalmente che il governatore inglese ad Aden diventasse anche governatore di Kamaran senza che questa fosse una colonia inglese. Nel 1954 Nigel Groom, governatore inglese ad Aden e responsabile dell’amministrazione delle colonie britanniche di tutto l’East Africa dal 1946-57, istituì uno scalo aereo presso l’isola di Kamaran con il volo della compagnia aerea locale Aden Airways in partenza da Aden. Il volo settimanale a bordo di un Dakota diretto in Eritrea, iniziò a fare scalo all’isola. Trenta minuti di sosta prima di proseguire per l’Eritrea durante i quali i passeggeri sbarcavano titubanti nella calura dell’isola protetti soltanto dalla piccola tettoia che li riparava dal sole nel fatiscente aeroporto. Kamaran fu sotto l’amministrazione di Aden fino al 1967 anno in cui divenne indipendente come Yemen del sud. L’isola tuttavia rimase sotto la giurisdizione saudita fino al 1972. Dopo l’unificazione dei due stati dello Yemen del Nord e del Sud nel 1990 l’isola tornò ad essere di proprietà yemenita. Oggi di quel passato rimangono soltanto edifici fantasma, resti di mezzi bellici inglesi e un’isola abitata da una manciata di uomini, donne e bambini che hanno solo ascoltato i racconti dei vecchi del paese.
Kamaran oggi è un museo silenzioso che racconta attraverso i suoi pochi resti una pagina importante del Mar Rosso degli ultimi secoli.
KAMARAN TOWN durante un giorno di Ramadan
Kamaran Town chiamata anche Kamaramè è lunga 18 Km per 7 di larghezza, sorge al centro di un'ansa naturale dove sul versante sinistro si possono visitare i resti di una vecchia fortificazione che domina sul resto del villaggio. Il centro abitato conta circa tremila abitanti per lo più pescatori tutti di religione musulmana. Affacciato sull’ampia baia, il piccolo porto appare come uno scompaginato e affascinante agglomerato di costruzioni fatiscenti, ricordo ancora vivo del periodo coloniale inglese. Vicoli sabbiosi convergono verso la grande moschea bianca. Inoltrandosi all’interno, si scopriranno vecchie abitazioni ormai diroccate ricordo di un tempo lontano. I bambini si rincorrono per le strade vuote, attraversate a folle velocità da vecchi modelli di motociclette giapponesi, sapientemente personalizzate dai loro proprietari. Dalle case compaio bambini che indossano magliette da calcio delle squadre italiane, intenti a trasportare vassoi pieni di vettovaglie che divideranno con amici e membri della famiglia per festeggiare la giornata di Ramadan. Ampi teli di plastica adagiati per terra diventeranno presto il punto di aggregazione dei vari nuclei familiari che si raduneranno tutti insieme. Attraverso le finestre e seminascoste dietro i portoni traspaiono gli splendidi occhi delle donne yemenite avvolte nelle loro abaye, che timidamente ci sorridono e salutano con le loro mani sapientemente dipinte con l’hennè. Anche qui il tempo sembra essersi fermato, nulla si muove fino a quando l’apatia assoluta determinata dal digiuno prolungato, verrà scossa dal canto del muezzin. Oltre al paese di Kamaran Town, l’isola conta altri due piccoli villaggi, per il resto è un’immensa piana deserta abitata soltanto da pellicani, aironi e falchi pescatori che vivono nello spettacolare mangrovieto di Ashoura che si estende sul versante nord, raggiungibile in gommone attraverso un labirinto di piccoli canali con l’acqua color smeraldo che si insinuano nel cuore della foresta di mangrovie. Il rumore del motore fa alzare in volo un numero impressionante di uccelli che fino a quel momento erano rimasti nascosti. Individuiamo splendidi esemplari di aironi golia, grossi pellicani e esemplari di falco pescatore, appollaiati in cima agli arbusti. Sentiamo fortissimo il richiamo di questa natura selvaggia dove l’uomo si è inserito adeguandosi alle sue leggi. Il cielo è pennellato da una strisciata rosso fuoco, mentre abbandoniamo il paese e tutto il suo buonumore. I bambini si sono riuniti sul molo e si sbracciano a salutarci intonando canzoni. Le loro voci si perdono nel vento mentre con il gommone ci dirigiamo verso una piccola spiaggia isolata dove si trovano alcuni residuati bellici della colonizzazione inglese ancora perfettamente conservati. Le sagome delle grosse mitragliatrici da contraerea si stagliano contro la luce dorata del tramonto testimoniando il suo recente passato. In lontananza si ode la lunga preghiera del muezzin che dal minareto si propaga per terra e per mare e per un attimo avvolge ogni cosa.