STRUMENTI DEL SALE

La piana del sale, la sua gente, la sua vita: centinaia di uomini, chini sul terreno, lavorano per estrarne blocchi di sale. I volti di questi uomini, arsi dal sole e accecati dal sale, raccontano storie centenarie.
Ci sono i Tigrini dell’altopiano e gli Afar del deserto, ognuno con la sua mansione, ognuno con il suo ritmo di lavoro tramandato da generazioni.
Un brulicare di gente e di animali, apparentemente caotico; in realtà tutto si muove con perfetto ordine: chi spezza, chi solleva, chi squadra, chi lega, chi carica i dromedari.

Lavorano in silenzio, non hanno bisogno di scambiarsi ordini o parole, ognuno sa cosa fare, ognuno conosce le regole della vita della piana del sale.

Per estrarre il sale usano attrezzi semplici ma efficaci, primitivi.
Una grossa e rudimentale scure, formata da un manico ricurvo con applicata la lama di ferro, è utilizzata per creare delle fenditure nella lastra del sale in cui vengono inseriti grossi bastoni di legno che, usati come leva, spaccano la lastra in grossi blocchi.
Una piccola ascia (godmà), larga e robusta, è utilizzata per rifilare e squadrare i blocchi di sale e ridurli in mattonelle (ganfur) dal peso di circa cinque chilogrammi. 

La mano esperta di questi uomini riesce, con sapienti colpi di ascia, a ricavare mattonelle di sale rettangolari perfettamente uguali, pronte per essere caricate su dromedari e asini che, percorrendo centinaia di chilometri, le porteranno ai mercati dell’altopiano.

Testo e foto Maurizio Coreggioli

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