PARADISO BLU E VERDE

“E il settimo giorno si riposò” è scritto sui sacri testi; ma dopo una settimana trascorsa a Puerto Galera, isola di Mindoro in Filippine, mi viene il dubbio che non sia proprio vero. Non vorrei passare per blasfemo, ma lo stupore rimasto negli occhi dei nostri corsisti, e il fascino suscitato in me ed Alessandra, che senza peccare di immodestia qualche bel mare lo abbiamo visitato, mi fa venire il sospetto che anche il settimo giorno sia servito per divertirsi. Un serie di colpi di genio e tantissimo estro creativo, che di norma prendono i nomi scientifici di biogeografia e biodiversità, hanno portato a vivere in queste acque organismi le cui forme e colori si addicono più ad una galleria d’arte moderna che a creature marine.

Ci troviamo in un’area universalmente riconosciuta per il più alto tasso di biodiversità, in cui l’antichità e la stabilità hanno permesso ai processi biologici che portano alla formazione di nuove specie, di procedere lenti e costanti per migliaia di anni, portando ai nostri occhi, comunità biologiche che per ricchezza, diversità e particolarità sono molto distanti dagli scenari a noi più familiari. Vuoi per la loro bellezza, vuoi per la diversità di specie presenti, di sicuro c’è che i nudibranchi sono stati tra i protagonisti indiscussi delle nostre immersioni, capaci di attirare così tanto l’attenzione dei nostri corsisti, che troppo spesso, affannati nelle loro ricerche, non notavano specie di pesci altrettanto affascinanti e biologicamente peculiari.

Anche le immersioni apparentemente più monotone in queste acque riservano incontri emozionanti infatti, è su bassi fondi sabbiosi punteggiati da tappeti algali e piccole praterie di piante marine che gli occhi più esperti scorgono le sagome dei cavallucci marini, che con le loro buffe movenze, cercano di nascondersi ai nostri occhi.

E' proprio su una di queste distese di sabbia, tra le cime delle ancore e gli ancoraggi di un bar galleggiante nel centro della baia di Sabang che svolgiamo una delle più belle immersioni di questa spedizione.

Curiosando tra vecchi fusti di lamiera e qualche piccolo relitto, con sommo piacere troviamo spettacolari esemplari di frog fish dai colori decisamente bizzarri, capaci di occupare la scena tanto da non farci notare una bellissima canocchia pavone che ne approfitta per nascondersi.

Pochi metri più avanti, dalla sabbia fa capolino il muso di un’anguilla serpente, che sembra indicarci la strada verso un crinoide intento a cibarsi, come le migliaia di crinoidi che incontriamo in queste immersioni.

Le sue modeste dimensioni sono in realtà il grande palcoscenico sul quale si esibisce un ghost pipe fish, le cui doti mimetiche sono paragonabili solo alla sua capacità di lasciarci stupidi.

Anche questa immersione volge al termine, e quando ci troviamo a non più di tre metri di profondità, proprio sotto il bar galleggiante dove sulla sabbia una miriade di stelle compongono originalissime costellazioni, non riusciamo a decidere se soffermarci su un serpente di mare dalla rispettabile stazza, oppure non perdere di vista una coppia di draghi di mare che goffamente “zampettano” sul fondo in cerca di riparo. La stessa identica immersione la facciamo anche in notturna, uscendo tra le luci delle stelle e le luci della baia, con sorrisi e risate che manifestano lo stato di grazia ed euforia che ci resta dopo una delle notturne a più alto tasso di incontri, in cui biologia e fantasia sono separate solo dalla nostra  formazione scientifica. Cavallucci marini pigmei, rinomurene, scorfani foglia, un picnogonide; sono altri “Incontri ravvicinati del terzo tipo”che hanno reso questo viaggio così ricco di novità.

C’è poi un altro viaggio da raccontare, quello delle Filippine fuori dall’acqua.

Un paese in cui il verde della vegetazione è così intenso che i nostri occhi occidentali non ne avevano memoria.

E' questo il viaggio tra le palme, gli alberi del cacao e le orchidee che si arrampicano nel fitto della vegetazione; il viaggio nella flora che cerca di conquistare tutta la terra fino a buttarsi in mare grazie a quelle piante strane che sono le mangrovie.

Queste sono le Filippine in cui gli incontri più affascinanti sono stati quelli con le miti e sorridenti persone nelle quali ci siamo imbattuti, lineamenti esotici resi ancor più delicati dal sorriso sempre presente sui loro visi.

Più di tutti nella memoria resteranno i volti dei Mangyan, il “popolo della foresta”, la popolazione indigena che ggi è relegata ai margini della vita sociale, il cui sorriso misto tra dolce e amaro, per un attimo mi riporta con i piedi per terra; quella stessa terra che un tempo era loro e di cui sono diventati affittuari. Un giorno e mezzo all’andata, 30 ore circa al ritorno, e in mezzo un viaggio che dentro e fuori dall’acqua ha lasciato nei nostri occhi la meraviglia e la sorpresa di tanti incontri insperati ed inattesi. A presto Puerto Galera, a presto Filippine, perché tanto abbiamo visto, ma ancora tanto resta da vedere. Testo di Emilio Mancuso Foto di Carlo Cogliati

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