E LUCE FU

“vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno”
Scrivo con la luce. Sono lʼocchio. Gioco a ruba mazzo con i mille spettri liquidi che assorbono, diffondono e riflettono ciò che mi è dato vedere per quellʼistante unico di luce giusta nel giusto momento in cui tutto è straordinario.
Lʼuomo che ride, il suo cavallo legato accanto, gli affari quotidiani esistono come respiro del cosmo, sistole e diastole di luce e mente: scrivo senza una precisa coscienza quel momento in cui dallʼoscurità nascono i colori.


Provo piacere a spiarli quando sbocciano dal coito tra mente e luce, li strappo dalle braccia materne e fecondo lʼastratto: la luce genera la vita, la mente la partorisce e io, lʼocchio, la vivo.
Scrivo la storia di quel bambino e della sua bicicletta, faccio tana agli spettri e getto la rete sul rosso che più mi piace.
Giardiniere dellʼanima, metto a fuoco il caos, lo porziono secondo quanto mi ordina la mente, decido cosa farti credere.
Potrei però sbagliarmi.

Mi chiudo per un attimo. Cʼè ancora luce. Come è possibile? Io, stolto!
Mente e luce che congiurate alle mie spalle, perite!
Buio, che pace!
Lʼintollerabile disordine è scomparso e con esso il mio debito alla luce.
Adesso posso…posso…

Posso solo immaginare quel mondo delicato, pericoloso, onirico, nudo, vivo, morto, chiaro, caldo, scuro, viola, primaverile, cadente, dritto, sensuale, limitato, velenoso, calmo, morbido.
Il mondo generato così perfetto e affidato alla luce che, su insistenza della mente, ci concesse il privilegio di fotografare.
E fu cosa buona e giusta.

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