VIAGGIO SOPRA LE NUVOLE

Il viaggio in terra Eritrea è un viaggio della memoria, un viaggio nel tempo, un viaggio nel passato, un viaggio nella storia ma anche un viaggio nel futuro. Un lungo viaggio che racchiude dentro di se mille percorsi tortuosi. In ogni istante trascorso a calpestare questa terra sono riaffiorate reminiscenze legate a un passato ormai sepolto nei meandri reconditi della memoria. Da quel giorno sono trascorsi oltre quarant'anni quando, inconsapevoli prendevamo per l'ultima volta un aereo che decollava da Asmara. Per la prima volta diretti in Italia. Eravamo solo dei bambini e tutto sembrava normale, ci trasferivamo da una terra ad un'altra, da un mondo ad un altro senza la minima preoccupazione. Lasciavamo il paese dove eravamo nati senza grossi rimpianti. Avevamo una vita di fronte a noi e soprattutto eravamo stati abituati fin da piccini a volare sopra le nuvole. Non ho mai sentito forte il richiamo del paese dove sono nato, nonostante vi si fossero installati in epoche ormai remote, buona parte dei miei familiari. Da quel giorno sono trascorsi molti anni ma soprattutto molte guerre che hanno turbato il meraviglioso paese. Seguivo con attenzione i grossi cambiamenti che avvenivano in Eritrea ma sempre con fare abbastanza distaccato, fino a quando un giorno pensai che prima o poi sarei voluto tornare nella città dove ero nato. Era solo un pensiero non una esigenza. Sarei tornato ad Asmara soltanto se mi si fosse presentata un occasione speciale, unica, irrinunciabile. Non era una necessità assoluta e quindi potevo attendere quel momento senza fretta. Intanto il tempo passava e il desiderio aumentava. Sarà anche che questo tempo che corre veloce, faceva riaffiorare alla memoria vecchi ricordi sottoforma di immagini sempre più sbiadite e di profumi impressi nella memoria sempre meno profumati. Tutto accade senza nessun preavviso, senza che facessi nulla affinchè si verificasse. Ricevo da un carissimo amico l'invito a partecipare alle riprese per un documentario sul vecchio treno costruito dagli italiani in Eritrea.  Era arrivata l'occasione che attendevo. Come tutti i sogni che improvvisamente si materializzano, anche questo ha avuto una trafila infinita; dal giorno in cui mi è stato proposto di partire al giorno in cui mi sono seduto sul volo per Asmara sono trascorsi diversi mesi e una infinità di vicissitudini. Più di una volta quel sogno si è dissolto nel nulla e le certezze tornavano ad essere sogni. Un venerdì, improvvisamente, il sogno diventa realtà.  - Mi chiama Salvatore e mi dice: sabato dobbiamo partire! Non abbiamo tempo per decidere nulla di diverso. Finalmente ci hanno concesso i visti. - Nessuna esitazione. Non c'è tempo per pensare. Si parte! Milano, Roma, Cairo e finalmente Asmara. Finalmente Asmara Mi sveglio la mattina sotto una luce accecante che filtra attraverso le tende dell'albergo dove alloggiamo. E' stato sufficiente spalancare la finestra per ricevere una spruzzata di aria frizzante ad invadere la camera. Il profumo dell'aria pulita e la luce abbagliante di un cielo terso del mattino asmarino, li avevo dentro senza averli mai scordati. Riaffiorano. Esco per strada e incontro quella luce unica che modella lunghe ombre. Eccolo un altro  ricordo anche questo sopito nella memoria. Le ombre di Asmara si riflettono ovunque. Giochi di luci e chiaroscuri che ricordano i quadri di certi pittori illuminati di metà '900 in cui spazi e linee dipingono sui muri lunghe ombre metafisiche di affascinanti architetture coloniali che spaziano dallo stile razionalista al déco, dal liberty al futurista e al neoclassico.

Passeggio per Asmara e vengo lentamente assorbito da una sensazione unica che mi porta a diventare parte di questo mondo come se non lo avessi mai abbandonato, come se non fosse trascorso tutto questo tempo dal giorno in cui l'avevo lasciata definitivamente e quasi rimossa dalla mente senza grandi rimpianti. Attimo dopo attimo, giorno dopo giorno mi ritrovo inconsapevolmente a fare parte di questa comunità di italiani d'Eritrea che hanno il privilegio di vivere in questo luogo speciale e la sfortuna di essere invisibili agli occhi del paese di cui sono cittadini. Ma questo viaggio fin dall'inizio aveva un tema ben preciso legato al treno anzi alla ferrovia costruita dagli italiani all'inizio del secolo scorso, per la precisione si festeggiavano proprio i 100 anni dalla sua costruzione. Avevamo poche informazioni sullo stato attuale della ferrovia ma nonostante tutto, l'argomento era affascinante e comunque eravamo certi che in un modo o nell'altro ne saremmo venuti a capo, che avremmo portato a casa un buon lavoro. PROLOGO il viaggio lungo la strada ferrata Abbiamo sempre viaggiato seguendo quelle rotaie che a volte sono state una presenza concreta mentre in altre occasioni un compagno immaginario come lungo il tratto che collegava Asmara a Keren di cui oggi esiste solo il loro ricordo. Abbiamo cercato le vecchie stazioni senza conoscere nulla di loro ed è stato proprio questo uno degli aspetti più emozionanti del viaggio. Cercarle e trovarle, emozionarsi di fronte alla loro presenza ed immaginare cosa ci avrebbe atteso alla fermata successiva. Entrare in un paese seguendo le rotaie del treno e finalmente imbattersi nella sua stazione. Seguire le rotaie di un treno che in molti punti esiste più nell'immaginazione che nella realtà e rendersi conto di come ancora oggi queste rotaie siano la direttrice per uomini, bambini e animali. Siamo partiti in treno da Asmara e abbiamo terminato il nostro viaggio attraverso le stazioni scortati da lunghe carovane di cammelli che si muovevano seguendo le rotaie, abbiamo osservato gruppi di bambini giocare lungo le rotaie, abbiamo incontrato pastori transumanti condurre le loro mandrie lungo le rotaie, ci siamo imbattuti in popolazioni appartenenti a diverse etnie darsi appuntamento sulle rotaie e poi, in ogni stazione dove ci siamo fermati abbiamo incontrato file interminabili di vagoni adagiati su quelle rotaie appartenenti ad epoche lontane. Ogni stazione è stata un colpo al cuore, una emozione indescrivibile. Nei tempi in cui il treno era in attività partiva da Massaua sulle coste del Mar Rosso per raggiungere Asmara a 2300 metri di altitudine, facendo tappa a MaiaTal, Ghinga, Nefasit, Arbaroba e finalmente Asmara. Il treno proseguiva poi da Asmara verso nord ovest fino a Keren e Agordat.



stazione di KEREN Raggiungiamo la splendida cittadina che conserva ancora oggi lo stile architettonico dell'Italia coloniale misto a evidenti sprazzi di architettura araba. Quello che colpisce immediatamente è la sensazione di tranquillità che si respira in questo luogo. Come attratti da una calamita cerchiamo i segni che ci conducano alla sua stazione. Le rotaie non esistono più ci viene detto ma una volta, il treno passava sopra quel ponte, attraversava la città fino a raggiungere la stazione. Oggi è rimasta solo la stazione che è uno straordinario esempio di architettura di inizio secolo che troneggia nel centro di una piazza adibita a sosta degli autobus. Un continuo via vai di gente di tutte le etnie che si ferma al bar della stazione prima di riprendere il viaggio verso destinazioni ignote. La stazione di Keren ha mantenuto il proprio spirito nonostante non esista più il suo treno ma decine di autobus e microbus che si materializzano attraverso nuvole di sabbia. Genti e animali si aggirano frenetici mentre altri uomini si incontrano al bar della stazione solo per trascorrere del tempo.

stazione di ASMARA Trascorriamo giornate intere alla stazione di Asmara. Ci sono giorni in cui siamo tra i primi ad entrarvi, vediamo nascere il sole che illumina i muri e le lunghe vetrate dell'edificio. Incontriamo anziani uomini passeggiare lungo le rotaie come se il tempo si fosse fermato agli anni in cui ogni giorno un treno partiva od arrivava ad Asmara. Ci sediamo all'interno del piccolo bar a bere un caffè espresso o un cappuccino e ascoltiamo i loro racconti, ci incontriamo nuovamente il pomeriggio mentre sorseggiamo insieme un bicchiere di araky e ascoltiamo le loro storie. Ci sono giorni in cui siamo anche gli ultimi ad uscire.

Un anziano signore cammina ricurvo lungo il marciapiede che costeggia la fermata del treno, quando ci incrocia senza proferire parola, estrae da una borsa sgualcita un vecchio cappello da ferroviere. Lo indossa con tutta calma e inizia a raccontare la sua storia in un italiano invidiabile. E' stato un dipendente della ferrovia. Un piccolo punto all'orizzonte, così distante dove anche le rotaie si perdono verso l'infinito. Cammina con passo lento fino a quando raggiunge la stazione. E' un signore anziano che si accomoda sotto l'ombrellone fuori dal bar, estrae dalla tasca della giacca un vecchio ritaglio di giornale e inizia a leggere notizie che con molta probabilità appartengono già a un tempo passato. Anche lui un ex dipendente della ferrovia.

Nel pomeriggio incontriamo il vecchio Seyum la memoria storica della ferrovia Eritrea. Un uomo bellissimo che si presenta indossando una camicia bianca, giacca blu con penna dorata nel taschino e cappello a tesa con una piuma di fagiano inserita nella bordatura. Parla un perfetto italiano e racconta di quando sedicenne iniziò a lavorare alla ferrovia. Elenca uno per uno tutti gli italiani con i quali ha lavorato. Lo fa con voce commossa e con una nostalgia impressa sul suo volto. Oggi a quasi ottant'anni il suo sogno è quello di poter un giorno andare a Milano e Genova per visitare gli stabilimenti della Breda e dell'Ansaldo dove venivano costruite le famose locomotive ancora attive in Eritrea. Lui non può sapere che fine hanno fatto la Breda e l'Ansaldo di un tempo.                da ASMARA ad ARBAROBA Per tutta la notte gli operai hanno lavorato per preparare la vecchia motrice Ansaldo del 1920. Il riscaldamento delle caldaie ha richiesto molte ore di lavoro. Ogni pezzo è stato controllato nei minimi dettagli. Alle 8 del mattino la locomotrice è pronta. E' un gioiello di altri tempi. Sbuffa! Si parte!

Asmara, la sua stazione, uomini che sembrano lì da sempre, il cielo azzurro, il vapore che esce dal fumaiolo, le motrici più nuove di quando vennero trasportate in terra Eritrea un giorno lontano di un anno vicino al 1920 e affascinanti carrozze da sembrare modellini. Poi via a seguire la strada ferrata che dai 2540 metri di Asmara scende a picco fino alle coste del Mar Rosso. La ferrovia offre scenari e panorami di incomparabile bellezza che non vengono affatto disturbati dall’affannato trenino: la strada ferrata si snoda in un seguito temerario di curve, controcurve, ellissi, gallerie, loopings, con i quali ritornava al punto di prima, ma più in alto, guadagnando così di quota. Salendo, le locomotive ansimano sempre più penosamente, mentre lo sferragliare del treno prorompe altissimo come un muggito metallico nei passaggi lungo le tagliate dei rupi e si dirada invece sui viadotti per poi disperdersi dentro le gallerie.

stazione di ARBAROBA E' stata questa stazione il nostro punto di arrivo del viaggio sul treno. Questa piccola stazione ci ha accolto dopo circa tre ore di viaggio. Tetto spiovente, mura bianche e persiane verdi. Una vecchia Fiat 1100 parcheggiata a lato. Abbiamo sostato e atteso che la locomotiva venisse ripristinata a dovere per riprendere il viaggio di rientro ad Asmara Lo scambio di binari è stato lungo e laborioso così come l'espulsione del vapore che si era concentrato nella caldaia.

stazione di NEFASIT Il nostro viaggio prosegue ora in macchina seguendo sempre la strada ferrata. Superata Arbaroba ci destreggiamo attraverso il lungo serpentone che affianca un paesaggio dalla natura esplosiva fino a quando compaiono le sagome della cittadina di Nefasit. Con gli occhi cerco di seguire la strada ferrata che si districa attraverso le montagne per sparire e poi ricomparire fino a ritrovarla sul piano mentre scorre a poca distanza dalle basse case. Non abbiamo idea di quale esempio di architettura ci attenda e allora accompagnati dalla curiosità ci incamminiamo lungo le rotaie scortati da buoi, capre e moltitudini di bambini festanti. Compare sullo sfondo in tutta la sua semplicità ma quello che ci lascia più stupiti sono due uomini intenti a pitturarla e tirarla a lustro. Sembra quasi in procinto di dover riprendere a lavorare come un tempo. Ai bordi della strada ferrata troviamo mucchi di rotaie depositate in attesa di essere riposizionate e questo è un segnale di enorme speranza.

stazione di GHINDA Lasciata Nefasit dopo alcuni chilometri percorsi scendendo a capofitto verso il bassopiano raggiungiamo la cittadina di Ghinda ma con enorme stupore abbiamo qualche problema a ritrovare i segni della strada ferrata. Le rotaie le avevamo perse di vista pochi chilometri prima. Chiediamo informazioni quasi con timidezza per paura di ricevere risposte  inattese. La stazione ci dicono, si trova poco fuori il paese e per raggiungerla percorriamo un breve tratto di sterrato sul quale corrono rotaie erose dal tempo. La prima sensazione è che da questo momento le nostre speranze possano ricevere brutte sorprese. La netta percezione di abbandono è sempre maggiore ma la stazione di Ghinda è comunque un piccolo gioiello architettonico. Si trova anche un  deposito per il rimessaggio e uno scambio circolare per invertire la rotta del treno. Ci viene incontro l'anziano custode che con grande orgoglio ci mostra il perfetto funzionamento dello scambio.

stazione di MAIA TAL Sarà per via dell'ora, sarà per lo straordinario ambiente circostante, sarà perchè mi sono abituato a stupirmi sempre in meglio ma questa stazione mi ha lasciato senza fiato. Raggiungiamo la stazione di Maia Tal con le lunghe ombre della luce del tramonto che modellano ogni minuscolo dettaglio. A differenza delle precedenti la sua architettura è estremamente razionale, essenziale. Semplicemente perfetta. La luce la modella in tutti i suoi dettagli ai miei occhi appare come un miracolo architettonico nel mezzo di una piana desertica dove non esiste altro che la stazione e i suoi binari. Naturalmente non vi è traccia umana se non quella delle lunghe file di cammelli e cammellieri che seguono i binari per andare chissà dove. Ho la netta impressione di trovarmi a fare parte della sceneggiatura di un film ambientato nel Far West, anzi sono proprio nel Far West. Infinite file di vagoni si perdono all'orizzonte. Mi domando da quanto tempo si trovano lì. Forse da sempre. Vagoni senza età che si perdono negli assolati orizzonti desertici della piana di Maia Tal.

stazione di MAIA TERE' Quella di Maia Terè è una piccola stazione che si trova alle porte di Massaua. E' giorno di Ramadan, il capostazione e la sua famiglia sono intenti a sgozzare la capra. Chissà quando avranno visto passare l'ultimo treno da queste parti. Non glielo domando perchè poco importa. Siamo ormai a pochi chilometri dal capolinea.

stazione di MASSAUA Il susseguirsi di emozioni e sorprese che ci hanno accompagnato fino all'ultima stazione, quella più importante, quella che un tempo era il punto di partenza del treno diretto ad Asmara è ormai a portata di mano. Era qui che che approdavano le navi provenienti dall'Italia pronte per essere scaricate. Era qui che venivano caricati file di vagoni che presto avrebbero attraversato la piana desertica per raggiungere il bassopiano fino a Ghinda e poi salire ripidi fino ad Asmara. Il nostro viaggio attraverso le stazioni sta per terminare. Il susseguirsi di emozioni che ci hanno accompagnato fino a questo punto ci sta riservando l'ultima, la più attesa delle sorprese: la stazione di Massaua. Attraversiamo il ponte che conduce sull'isola di Taulud, costeggiamo il palazzo del governatore ridotto ad un cumulo di macerie per via dei bombardamenti, ci imbattiamo in una pensilina stile liberty in ferro battuto, con molta probabilità era la prima sosta del treno e ci dirigiamo verso la stazione. E' qui che terminano bruscamente le nostre illusioni perchè a differenza delle altre stazioni, quella di Massaua è ormai in totale decadenza. Occupata da diverse famiglie che vi vivono dentro, quella che un tempo era una meravigliosa stazione dall'architettura sopraffina, oggi è un cumulo di macerie miracolosamente in piedi. La conclusione del viaggio è delimitato dalle due rotaie piegate verso l'alto. Fine del viaggio!! In sottofondo sembra di udire il fischio del capostazione. E' il vento che si incanala attraverso le mille fessure o forse è la fantasia che continua a volare e a sognare per lei un destino diverso.

La ferrovia Eritrea rappresenta oggi il sogno di un paese che nonostante tutto quello che ha passato si è sempre identificato in questo monumento. Un viaggio nel tempo, un viaggio nella memoria di una ferrovia che da poco ha compiuto 100 anni e se lo sono ricordati soltanto gli Eritrei.  

Testo e Foto di Massimo Bicciato

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